Di Antonella Pederiva
“Perché la memoria del male non riesce a cambiare l’Umanità? A che serve la memoria? Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”, scriveva Primo Levi. Conoscere, comprendere, ricordare, sono le tre parole chiave per non ripetere gli errori del passato.
Bonelle ricorda e non dimentica e, in occasione del 25 aprile, organizza una serie di eventi per perpetuare il ricordo dei tragici fatti legati all’avvento e alla caduta del fascismo. Si inizia al mattino con l’annuale Maratonina del Partigiano, manifestazione organizzata della Polisportiva Bonelle con la collaborazione del Circolo Arci Bonelle e dell’Anpi provinciale di Pistoia, sulla distanza di km 13,500, che, dopo la sospensione dovuta alla pandemia, ritorna ad animare le strade dell’attivo e vitale paese alle porte di Pistoia. A vincere la quarantaseiesima edizione sarà Federico Matteoni (Orecchiella Garfagnana), davanti a Marco Bonacchi (Alpi Apuane) e Raffaello Bevilacqua (Orecchiella Garfagnana).
Dopo il pranzo comunitario, le celebrazioni proseguono con la deposizione della corona in piazza Modesta Rossi e con l’omaggio allo storico Cippo di Montechiaro (realizzato da Umberto Bovi nel 1979 con i fondi di una sottoscrizione pubblica promossa da un comitato voluto dall’ANPI di Bonelle) dedicato a Silvano Fedi, martire della lotta antifascista, cittadino illustre, figura fondamentale della conquista della libertà del territorio pistoiese. Tra la commozione generale, prendono la parola Nicola Giudice e Renzo Corsini, vice presidente provinciale dell’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, che lasceranno poi la parola ai cinque ragazzi che leggeranno le lettere degli altrettanti partigiani. Testimonianze toccanti che non possono non colpire il cuore di chi ascolta, che ben fanno comprendere i sentimenti che animavano le gesta dei giovani a cui appartenevano. Ragazzi come i nostri, a cui gli avvenimenti tragici avevano lasciato solo una speranza, combattere per la libertà, per ideali supremi di giustizia, anche a costo della loro stessa vita.Silvano Fedi era uno di loro e fu ucciso, insieme ai suoi compagni, il 29 luglio 1944, durante un’imboscata tedesca.
Viene descritto così, durante la commemorazione;”Silvano era un giovane studente anarchico e antifascista del liceo Forteguerri di Pistoia e aveva poco più di 20 anni quando, nel tentativo di garantire a coloro che amava e al suo paese una vita migliore, perse la sua. Silvano, e gli altri giovani partigiani, lottavano per quegli ideali di libertà, uguaglianza, giustizia che erano stati calpestati dal regime fascista ed è grazie al coraggio e al sacrificio di ragazzi come lui che fu possibile dare vita a quell’atto d’amore che fu la Resistenza italiana.”
Modesta Rossi, invece, non aveva ancora trent’anni ed era madre di cinque figli, quando, in un’operazione di rastrellamento, fu barbaramente assassinata, a colpi di pugnale, e data alle fiamme insieme al figlioletto di appena tredici mesi. Mario Polletti, il figlio maggiore, aveva solo sette anni, un’età in cui l’orrore può solo scavare ferite inimmaginabili. È presente all’evento, Mario, ed è affiancato dal fratello Giovanni. Dopo aver ricordato l’amico Sergio Bonacchi, promotore di tante iniziative e uno degli ideatori della Maratonina, da poco mancato, racconta la sua storia, e le sue parole penetrano fino all’anima, si trasformano in struggimento, in turbamento, in strazio. Gli occhi non possono trattenere le lacrime di fronte a questo uomo che, in parole semplici, racconta la tragedia e la violenza della guerra che ha distrutto la sua vita, che narra di barbarie e crudeltà passate, ma che ci conduce a riflettere anche sugli attuali accadimenti, sulle responsabilità dell’Uomo di ieri, ma anche di oggi.
“Non si è partigiani solo il 25 aprile. L’atto di resistenza è un esercizio quotidiano. Non basta ricordare il passato ma bisogna comprenderlo per far sì che certe cose non si ripetano. Essere partigiano letteralmente significa “essere di parte”, persona schierata con una delle parti in causa. Il termine che durante il regime fascista faceva riferimento ai protagonisti della Resistenza, oggi deve far riferimento a coloro che prendono parte nella lotta per i diritti umani e civili contro ogni forma di oppressione, a coloro che ricordano e non dimenticano. Per questo motivo chiediamo a voi, oggi, di prendere parte, di fare la scelta…”
“Odio gli indifferenti. Vivere significa partecipare (Gramsci).“
Indifferenza. Un’altra parola chiave del grande libro della Vita. Ciò che Gramsci, morto il 27 aprile 1937 nella clinica Quisisana, dove era stato trasferito dal carcere in condizioni ormai irreversibili, chiamava “il peso morto della Storia”.”Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa”, scriveva. Il 25 aprile è un giorno che non può essere di festa, come spesso si vuole sottintendere, è monito a non ripetere gli errori del passato. Non serve sforzarsi troppo per trovare, nella nostra realtà quotidiana, episodi di razzismo, violenza, prevaricazione e ingiustizia, tutte colonne portanti di quello che fu il regime fascista.
Si cita Umberto Eco:
“Il fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole se qualcuno si affacciasse e dicesse: Voglio riaprire Auschwitz! Ahimé, la vita non è così facile. Il fascismo può tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme, ogni giorno, in ogni parte del mondo”. “Proprio per questo motivo, oggi come allora, è importante chiedersi : cosa significa oggi essere antifascisti?Essere antifascisti, oggi, significa essere contro il razzismo.Essere antifascisti, oggi, significa difendere la Costituzione.Essere antifascista significa lottare per i diritti, per la libertà di parola, di stampa e di pensiero. Oggi più che mai, essere antifascisti significa essere sempre e incondizionatamente dalla parte della pace, del dialogo, della fratellanza tra i popoli, contro le barbarie a cui siamo costretti ad assistere, oggi in Ucraina così come in molte altre parti del mondo, è bene ricordarlo. Questi anni di presunta pace, di pace armata, hanno portato a un esito drammatico, solo apparentemente inevitabile. Per questo motivo è necessario che l’Europa prenda realmente posizione, ora e sempre, a favore del disarmo. Sempre e comunque dalla parte della pace.”
Stralci di discorso forti, che portano riflessione, che intendono scuotere le coscienze, in questo tempo, così buio per l’Umanità. Oggi come ieri, diventa essenziale per il futuro nostro e delle nostre generazioni, coltivare il pensiero critico, vedere oltre la propaganda, informarsi, leggere, andare oltre la retorica e le apparenze. Lo esige la Storia, lo esige la Memoria, lo esigono le vittime innocenti del passato, quel passato che può ritornare, prepotentemente, presente, senza la nostra volontà di Uomini al servizio degli ideali che lo hanno sconfitto e sepolto.