8 MARZO. GIORNATA DELL’UMANITÀ

Di Antonella Pederiva

È un 8 marzo diverso, questo in cui mi appresto a scrivere l’ennesimo articolo sulla festa della donna, una ricorrenza di cui ho sempre fatto volentieri a meno proprio per la sua connotazione di festa, sinonimo con gli anni di frivolezza, mera occasione per affermare il contrario della sua genesi. Per anni si è lasciato credere che l’8 marzo fosse il ricordo del rogo di una fabbrica di New York in cui morirono centinaia di operaie. In effetti, l’incendio ci fu ma avvenne il 25 marzo del 1911.
La Giornata Internazionale della Donna nacque, in realtà, ufficialmente, il 28 febbraio 1909, organizzata dal Partito Socialista americano che, in quell’occasione, rivendicava il diritto delle donne al voto. La data dell’8 marzo, invece, fu scelta nel 1921, inizialmente come Giornata Internazionale dell’Operaia, dalle delegate della Seconda Conferenza Internazionale delle donne comuniste a Mosca per ricordare e onorare le donne di San Pietroburgo ( allora Pietrogrado) che scesero in piazza il 23 febbraio del 1917, ( l’8 marzo, appunto, del calendario gregoriano). Donne operaie stanche, affamate, provate da una guerra senza fine che aveva falcidiato due milioni di cittadini russi, ma risolute nelle loro intenzioni, che guidarono la rivolta, sostenute da altre donne, dagli operai e dagli studenti, che riuscirono ad unire il popolo e ad ottenere la destituzione dello zar, ma che andarono anche oltre costringendo a far approvare, al nuovo governo costituito, una legge secondo la quale tutte le donne di età superiore ai 21 anni acquisivano il diritto di voto alle elezioni. Si creò un precedente. Prima grande potenza al mondo, la Russia riconosceva alle donne il diritto di voto al pari degli uomini. Con la stessa connotazione politica e di rivendicazione sociale, l’Italia iniziò a celebrarla nel 1922, per volontà dell’Unione Donne in Italia (formata da donne del Pci, Psi, Partito d’Azione, Sinistra Cristiana e Democrazia del Lavoro) e negli anni successivi è diventata megafono per tutte le rivendicazioni femminili. Per questo motivo svilisce la perdita di significato che ha assunto nel tempo, l’ignoranza delle sue origini da parte dell’universo non solo femminile ma umano, la superficialità, spesso prettamente commerciale e goliardica, con cui, appunto, viene “festeggiata” e non onorata. Parere della scrivente è che la donna abbia ancora tanta strada da fare per “sentirsi” appartenente ad un’unica realtà, quella degli individui pensanti e senzienti, dotati di peculiarità e di naturali differenze fisiche costituzionali ma parificati dall’intelligenza e dal sentimento. Oggi, 8 marzo, ogni cittadino della Terra, dovrebbe sentirsi unito nella volontà di ristabilire la Pace, ogni appartenente al genere umano, dovrebbe urlare il suo dissenso verso una politica, fatta di uomini e di donne, che favorisce i conflitti, la divisione, la discordia, gli interessi di pochi a discapito di molti. Non devono esistere uomini, non devono esistere donne, deve esistere un popolo fatto di persone che abbiano a cuore il destino dell’Umanità, che desiderino armonia e fratellanza, che chiedano giustizia. Che lavorino per costruire ponti, non barriere, che portino messaggi di riconciliazione e di pace, non di distruzione. Che sappiano trovare compromessi, che intuiscano il valore del dialogo e della collaborazione, che sappiano mediare, appianare, risolvere senza sacrificare vite e destini. Utopia? L’8 marzo ci insegna che per ottenere grandi risultati servono grandi intenzioni, serve coraggio, servono ideali, serve coscienza e ferma determinazione. Serve crederci ma, ancora di più, serve UNIONE.