A 92 ANNI DALLA NASCITA OMAGGIO AD ALDA MERINI

GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA

Di Antonella Pederiva

SONO NATA IL VENTUNO A PRIMAVERA

Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.
(da “Vuoto d’amore”)

Era il primo giorno di primavera del 1931 quando, a Milano, nella casa di via Mangone, a Porta Genova, nacque una delle più famose poetesse dei giorni nostri, ALDA MERINI. Una vita, la sua, che sarà segnata da gioie ma anche e soprattutto da tanti dolori, una vita difficile ma sempre vissuta con un’intensità incredibile, con coraggio e schiettezza. Una vita presa di petto, mai rinnegata, accettata e combattuta con uno spirito indomito e anticonformista. Alda Merini fu grande non solo per i suoi scritti, in lei viveva una donna che seppe rinascere, come la Fenice, dalle sue ceneri. Dal giorno in cui, a soli 12 anni, aiutò sua madre a partorire suo fratello, dopo la fuga dalle bombe che distrussero la sua casa, la sua anima di poeta subì scosse e sussulti, orrori ed errori forgiarono le sue poesie in versi sempre carichi di sentimento e di verità. Il matrimonio, le incomprensioni, l’allontanamento dalle amate figlie, l’ostilità di una società non ancora pronta ad accogliere il suo genio, l’internamento in manicomio, un’esperienza che resterà per sempre marchio nel suo cuore. Alda farà di quel periodo, testimonianza di vita, monito. Spettatrice di sé stessa, racconterà, con il suo stile crudo e appassionato, le vessazioni e i soprusi, le violenze psicologiche e fisiche e le torture, cui erano sottoposti i “matti” di quei tempi, a volte solo persone indesiderate, sani allontanati per interesse. Un universo, quella della malattia mentale, che ancora oggi è incompreso, nonostante i passi da gigante fatti. Nonostante le prese di posizione della medicina e della scienza, nonostante la decrescita di pregiudizi e preconcetti, infatti, ancora oggi troppa ignoranza separa il mondo dei “normali” dai “pazzi”. Fu riconosciuta, alla fine, Alda. Fu riconosciuta grazie alla sua tenacia e alla sua determinazione, al suo spirito indomito. Il suo talento non poté essere più nascosto, il mondo poetico dovette inchinarsi di fronte alla sua bravura e alla sua sensibilità. Poeta degli ultimi, ultima lei stessa, Alda Merini resterà per sempre una delle voci poetiche più influenti e più significative del secolo scorso, una voce potente che ha dato lustro ed onore alla letteratura.

LA MIA POESIA È ALACRE COME IL FUOCO

La mia poesia è alacre come il fuoco,
trascorre tra le mie dita come un rosario.
Non prego perché sono un poeta della sventura
che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore,
sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida,
sono il poeta che canta e non trova parole,
sono la paglia arida sopra cui batte il suono,
sono la ninnananna che fa piangere i figli,
sono la vanagloria che si lascia cadere,
il manto di metallo di una lunga preghiera
del passato cordoglio che non vede la luce
(da “La volpe e il sipario” – 1997)

COLORI

S’io riposo, nel lento divenire
degli occhi, mi soffermo
all’eccesso beato dei colori;
qui non temo più fughe o fantasie
ma la “penetrazione” mi abolisce.

Amo i colori, tempi di un anelito
inquieto, irrisolvibile, vitale,
spiegazione umilissima e sovrana
dei cosmici “perché” del mio respiro.

La luce mi sospinge ma il colore
m’attenua, predicando l’impotenza
del corpo, bello, ma ancor troppo terrestre.

Ed è per il colore cui mi dono
s’io mi ricordo a tratti del mio aspetto
e quindi del mio limite.
(da “La presenza di Orfeo”)