Di Antonella Pederiva
Ricordando la nascita di un grande uomo, prima ancora che musicista e filosofo, del nostro tempo, vi vorrei riproporre questo mio articolo dello scorso anno, quando il Maestro era ancora nella sua forma e nella nostra dimensione. Il Maestro vive. Buon compleanno Maestro.
“Strano come il rombo degli aerei
Da caccia un tempo,
Stonasse con il ritmo delle piante
Al sole sui balconi
E poi silenzio e poi, lontano
Il tuono dei cannoni a freddo..
E dalle radio dei segnali in codice […]”
(dal brano “Il re del mondo”)
“[…]penso a come cambia in fretta la
Morale: un tempo si uccidevano i cristiani e poi questi
ultimi con la scusa delle streghe ammazzavano i pagani.
Ave Maria.
E perché il sol dell’avvenire splenda ancora sulla terra
facciamo un po’ di largo con un’altra guerra[…]
(dal brano “Venezia-Istanbul)
[…]Non cambierà, non cambierà
sì che cambierà, vedrai che cambierà.
Si può sperare che il mondo torni a quote più normali
che possa contemplare il cielo e i fiori,
che non si parli più di dittature
se avremo ancora un po’ da vivere…
La primavera intanto tarda ad arrivare.”
(dal brano “Povera patria”)
LA CURA DI BATTIATO E LA FILOSOFIA DELL’AMORE
Sul significato della canzone “La cura” di Franco Battiato, uno dei più bei brani degli ultimi decenni, è già stato detto tanto e sono in molti ad avere messo in dubbio che si tratti di una dichiarazione d’amore rivolta ad una donna. Conoscendo la storia di Battiato e il suo percorso spirituale, è molto probabile che sia così. Per molto tempo Franco Battiato, nato a Riposto, in provincia, di Catania, il 23 marzo del 1945, cantautore, compositore, cantante, poeta, pittore, regista e sceneggiatore, artista a 360 gradi, capace di spaziare dal pop al rock, alla musica sperimentale, al new wave, al beat, all’elettropop, ha cercato nella filosofia orientale e nell’esoterismo, ispirazione per i suoi versi. Sono nate così, solo per citarne due, “La voce del padrone” e “Centro di gravità permanente”. Fondamentale per la sua creazione anche l’incontro con Georges Ivanovič Gurdjieff, filosofo, scrittore, mistico e musicista, maestro di danze di origine greco-armena, le cui teorie influenzarono anche Katherine Mansfield, la delicata poetessa dell’amore che ammalata di tubercolosi, volle passare l’ultimo periodo della sua vita accanto al “Maestro”, vivendo da quasi eremita nella casetta che Gurdjieff le aveva offerto nella sua tenuta di Avon, presso Fontainebleau. Scopo del sistema di Gurdjieff è risvegliare la comprensione di sé nell’uomo contemporaneo, un uomo addormentato e, secondo il pensiero del filosofo, sempre soggetto a condizionamenti esterni che lo portano ad agire meccanicamente, in uno spazio in cui tutte le sue azioni, le sue parole, sono i risultati di influenze esteriori, di impressioni esteriori. Ritrovare la conoscenza reale dell’uomo e della natura, la cui traccia era stata cancellata ma che era ancora possibile ritrovare, questa fu la convinzione che orientò tutta la sua esistenza e che cercò di condividere con uomini animati dal suo stesso desiderio di comprendere il senso della vita umana. Con questi presupposti è facile arrivare alla conclusione che ne “La cura” la protagonista non sia una donna ma l’anima stessa del poeta, il suo “Io” più profondo, il suo lato di coscienza che va preservato e accudito perché essa non tema né malattie né morte. Noi, però, che siamo inguaribili romantici malati di sentimentalismo, vogliamo pensarla ancora come una splendida poesia che vorremmo ci fosse dedicata da chi amiamo, perché, tutto sommato, siamo forti ma fragili e abbiamo un disperato bisogno di qualcuno che si prenda “cura” di noi.
LA CURA
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te
Vagavo per i campi del Tennessee
Come vi ero arrivato, chissà
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
Attraversano il mare
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza
I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi
La bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale
Ed io avrò cura di te
Io sì, che avrò cura di te
Di Antonella Pederiva