Di Antonella Pederiva
Ricordando Federico García Lorca….
“Socialista, massone e dedito a pratiche omosessuali ed altre aberrazioni”, fu questa accusa a giustificare la fucilazione, il 18 o 19 agosto del 1936, di uno dei più grandi poeti dello scorso secolo, Federico García Lorca, un uomo, un letterato, troppo scomodo, per i suoi valori repubblicani e per il suo pensiero libero, al regime di Francisco Franco, che, dopo la sua morte si premurò di censurare anche tutta la sua opera. In nessun luogo ancora oggi, possiamo piangerlo, García Lorca fu, molto probabilmente buttato in una fossa comune, come uno straccio usato, come una cosa senza valore a testimonianza di come sia spesso misera e perversa, questa sì veramente aberrante, la mente umana. La sua morte provocherà la condanna degli intellettuali del tempo ma solo nel 1975, alla morte di Franco, i suoi scritti saranno riconsegnati alla Storia. Antonio Machado, un suo contemporaneo gli dedicò questa poesia:
“Fu visto camminando tra fucili, in una lunga strada,
uscire ai freddi campi,
ancora con le stelle del mattino.
Uccisero Federico
quando la luce spuntava.
Il plotone dei carnefici
non osò guardargli la faccia.
Tutti chiusero gli occhi; mormorarono:
neppure Dio ti salva. Cadde morto Federico
– sangue alla fronte e piombo nelle viscere – .
Sappiate che fu a Granada il delitto –
Povera Granada! -, nella sua Granada…”
Fu in quella Granada, nella sua Spagna, che si era rifiutato di abbandonare quando Messico e Colombia gli avevano offerto asilo politico, lui, cittadino del mondo ma profondamente ancorato alle sue radici andaluse.
“Io sono uno Spagnolo integrale”, dirà in un’intervista, qualche giorno prima dell’assassinio, “e mi sarebbe impossibile vivere fuori dai miei limiti geografici; però odio chi è Spagnolo per essere Spagnolo e nient’altro, io sono fratello di tutti e trovo esecrante l’uomo che si sacrifica per una idea nazionalista, astratta, per il solo fatto di amare la propria Patria con la benda sugli occhi. Il Cinese buono lo sento più prossimo dello spagnolo malvagio. Canto la Spagna e la sento fino al midollo, ma prima viene che sono uomo del Mondo e fratello di tutti. Per questo non credo alla frontiera politica”.
Nella sua poetica, frequenti i riferimenti al destino e alla morte ma sempre presenti gli aspetti sociali, civili e politici, legati, soprattutto nelle sue opere teatrali, al tema, giustamente sentito, dell’omosessualità e del rapporto tra arte e rivoluzione sociale con un’attenzione particolare al mondo delle donne alle quali fa assumere ruoli anticonvenzionali e giocati sulla libertà di espressione e sentimento. Un poeta libero, la cui voce forte risuona ancora oggi, a dispetto di chi voleva spegnerla.
Di Federico García Lorca:
PIAGHE D’AMORE
La luce, questo fuoco che divora.
Questo paesaggio grigio che m’attornia.
Questa pena per una sola idea.
Quest’angoscia di cielo, terra e d’ora.
Questo pianto di sangue che decora
lira senza timbro, torcia senza presa.
Questo peso del mare che mi frusta.
Questo scorpione che attende entro di me.
Ghirlanda d’amore, letto di ferito,
sono e di insonne, sogno la presenza
tua nel fondo in rovina del mio petto;
e se ricerco una vetta di prudenza
il tuo cuore mi dà una valle densa
di cicuta e passione d’aspra scienza.
LLAGAS DE AMOR
Esta luz, este fuego que devora.
Este paisaje gris que me rodea.
Este dolor por una sola idea.
Esta angustia de cielo, mundo y hora.
Este llanto de sangre que decora
lira sin pulso ya, lúbrica tea.
Este peso del mar que me golpea.
Este alacrán que por mi pecho mora.
Son guirnalda de amor, cama de herido,
donde sin sueño, sueño tu presencia
entre las ruinas de mi pecho hundido.
Y aunque busco la cumbre de prudencia,
me da tu corazón valle tendido
con cicuta y pasión de amarga ciencia.