FIAT LUX

LA VITA NUOVA DI PESSOA

foto web

Di Antonella Pederiva

[…]

Nulla: tutto

ed io centro del ricordo

come se vedere fosse un dio.

Il riposo la presenza del vedere,

vuoto infinito auto-sentito,

e tutto il mio esser-non-anima-unicità ridotto

a frammenti della mia sconvolta-vista.

Questa notte è Luce.

Parlare di Pessoa è entrare in un intricato labirinto dove l’anima si sdoppia, si triplica, si divide in tante altre monadi che seguono ognuna una strada diversa. È accettare l’idea di essere uno, di essere nessuno, di essere centomila. Pessoa mette in pratica ciò che siamo, persone diverse agli occhi dei nostri scrutatori. Chi infatti può dire mai di conoscerci? Così Pessoa si inventa tanti personaggi, tanti sé stesso che lo rappresentano. Nessun altro lo farà, e anche in questo sta il genio di un poeta in costante ricerca del suo essere e delle ragioni dell’esistenza, un poeta timido, solitario, ma totalmente aperto al mondo, creativo, esuberante, fantasioso. Un uomo dall’apparenza, forse, banale, ma proprietario di un vissuto interiore nobile, incredibilmente ricco, straordinaria fonte di eccezionale talento. Pessoa scrisse praticamente di tutto, poesia, ma anche prosa, lettere, scritti filosofici, riflessioni autobiografiche, tesi, saggi, pagine di diario, trattati di astrologia, teosofia e gnosi, temi, quest’ultimi, a cui dedicherà tantissimo del suo tempo, nella convinzione di essere solo scheggia di passaggio nell’imperscrutabile profondità del tempo, un uomo in esilio, in cammino verso altre mete. Fernando Antonio Nogueira Pessoa, nato il 13 giugno 1888, nel giorno dedicato al Santo di Lisbona, dal quale erediterà il secondo nome, aveva in sé, sicuramente, la fiamma della consapevolezza, quel platonismo mistico, forse vero motore del suo essere caleidoscopio di personalità. Enigma costante, anima in crescita, messaggero, uomo che non può sicuramente aver concluso la sua esistenza e natura, insieme a Alberto Caeiro, Álvaro de Campos e Ricardo Reis e agli altri suoi 72 eteronimi, un qualsiasi 30 novembre dell’anno 1935.

LA PREESISTENZA

Ho avuto un io e una vita

prima di quest’io e questa vita.

Quando la luna popola i boschi

di possibili fate o di folletti,

mi pervade un sogno

simile a una luce sfavillante

in un punto in me lontano,

su mari che ho conosciuto

e terre senza spazio che hanno

un’altra sorta di giorno.

Io sogno, e come il vento

soffia nel fuoco la cenere,

il mio cuore si illumina di un passato

che non posso ricordare.

E come la brace ardente

non è fuoco, ma l’apparenza del fuoco,

io dissipo la vuota ricchezza

della mia muta sensazione di me.

Come la pioggia nel mare

così mi dissolvo in me stesso.

Ci sono molti io confusi.

Io sono il mio essere sconosciuto.

Ho, non so perché,

un altro genere di vista,

(diversa da questa vana visione

che è la divisione della mia anima

da quando circonda la vista)

dove vedere è conoscere,

la cui vita è fede e dolore

sfuggiti alla mano del Dubbio.

La mia vita ha ore liete:

ed è quando non sento di vivere;

e, come la fragranza dei fiori

intesse attorno ai fiori un’anima-fiore

che è un ente spirito,

io eredito me stesso,

l’aria spirito del sangue dell’anima,

un io anteriore e intrinseco

che è l’essere-ricchezza

che divido con la perdita di Dio.