FREDDIE MERCURY. TRENT’ANNI DOPO.

Di Antonella Pederiva

Cosa resta di Freddie Mercury trent’anni dopo la sua morte, il 24 novembre 1991? Molto. Forse ancora di più di quando era in vita, come succede spesso ai grandi artisti, rivalutati e riscoperti più durante la loro assenza che nella presenza.Che Freddie Mercury fosse un grande, comunque si era capito presto; un cantante con un’estensione vocale in grado di coprire quattro ottave e una presenza scenica come la sua non può passare inosservato. Personaggio controverso ma carismatico, istrionico e geniale, Freddie è stato un uomo che sul palco è riuscito a coniugare musica e teatro, ironico, dissacrante, innovativo, fantasmagorico nelle sue strabilianti trasformazioni. Con il gruppo da lui fondato all’inizio del 1970 insieme a Brian May, Roger Taylor e Mike Grose (sostituito a febbraio 1971 da John Deacon), ha composto e portato letteralmente in scena capolavori, solo per citarne alcuni, come Bohemian Rhapsody, We Are the Champions, Somebody to Love, Killer Queen, Don’t Stop Me Now, The show must go on, Radio Ga Ga, We will Rock You, Bicycle Race. Nato come Farrokh Bulsara, figlio di Bomi e Jer Bulsara (originari del Gujarat, una regione dell’India occidentale, di etnia parsi e religione zoroastriana), cresciuto, insieme alla sorella Kashmir, a Stone Town, nell’isola di Zanzibar, Mercury cominciò ad esibirsi giovanissimo alla St. Peter’s Boys School di Panchgani, nei pressi di Bombay, in India, dove i compagni lo soprannominarono Freddie e dove si fece notare anche per il suo talento sportivo. A causa della rivoluzione che stava cambiando gli assetti politici dell’isola, fu costretto, nel 1964, a 18 anni, ad emigrare in Inghilterra con tutta la famiglia. Ed è proprio in Inghilterra che, dopo vari tentativi di farsi strada insieme ad altri gruppi, conosce coloro che entreranno nella Storia insieme a lui sotto il nome altisonante di Queen. Aldilà delle classifiche che lo vogliono al diciottesimo posto come migliore cantante e secondo tra i migliori frontman, meritato è sicuramente il primo posto come Greatest Rock Legend Of All Time, la più grande leggenda rock di tutti i tempi. Non potrebbe essere altrimenti, nessuno come lui, nonostante la sua timidezza nella vita quotidiana, ha meglio saputo impadronirsi del palco e stravolgere l’idea stessa di spettacolo. La sua arte, il suo talento, la sua abilità di compositore e di musicista, i suoi travestimenti, la sua grinta, la sua personalità magnetica e sensuale, il suo modo di fare musica con quel vibrato da 7 HZ assolutamente incredibile, la sua capacità di trarre energia dal pubblico, di dispensare a pieno rock la sua energia, fanno di lui un mito, una leggenda assoluta, regale e immortale.

“Ho sempre di più la sensazione che, in un certo senso, Freddie sia ancora con noi. Forse sto diventando un po’ romantico ma Freddie fa parte di tutte le mie giornate”. Queste le parole di Brian May (uno dei migliori chitarristi di sempre, un artista che con la sua fedele chitarra soprannominata Red Special o anche Fireplace o Red Lady, dal colore rossastro del mogano e dall’unicità di questo strumento, il cui manico è stato ricavato da una mensola di un vecchio caminetto), in una delle sue interviste concesse per festeggiare il ritorno al primo posto in classifica con la ristampa per i 40 anni della raccolta “Greatest Hits”, l’album più venduto nella storia del Regno Unito.

Empty spaces what are we living for Abandoned places – I guess we know the scoreOn and on, does anybody knowwhat we are looking for…Another hero, another mindless crime Behind the curtain, in the pantomime Hold the line, does anybody want to take it anymore The show must go on.

Spazi vuoti, per che cosa viviamo? Luoghi abbandonati, immagino che noi ne sappiano la ragione Sempre avanti, c’è qualcuno che sappia quel che cerchiamo?Un altro eroe, un altro irragionevole crimine Dietro il sipario, nella pantomima Mantenere la posizione, c’è ancora qualcuno che voglia farlo? Lo spettacolo deve andare avanti.