IL SUONO DOLCE DEL NATALE. LE CIARAMELLE DI PASCOLI

Di Antonella Pederiva

Ciò che il Natale ci evoca, in fondo, sono solo i nostri dolci ricordi, suoni di chiesa, suoni di chiostro, suoni di casa, suoni di culla, suoni di mamma, suoni del nostro dolce e passato pianger di nulla. Natale sono le sensazioni che ci portiamo dentro, le palline passate di mano in mano, quel profumo di abete, che seppure finto, sapeva così tanto di buono. I nostri piccoli problemi, le scaramucce e i bronci che passavano presto, bastava spesso un riso o un sorriso, bastava un bacio ed il mondo tornava bello, come gli occhi di mamma. Nessuna mamma è brutta agli occhi di un bambino. Non ci sono ferite che non si curino con un bacino. Quanto vorremmo avere ancora quelle lacrime buone, ora che le lacrime bruciano più del fuoco, in questi occhi che hanno visto troppo e che, a volte, non sanno più piangere. E sembra davvero di risentire quel suono antico di zampogna che arrivava da lontano e che riempiva il cuore delle dolci note della nascita santa.

LE CIARAMELLE

di Giovanni Pascoli

Udii tra il sonno le ciaramelle,

ho udito un suono di ninne nanne.

Ci sono in cielo tutte le stelle,

ci sono i lumi nelle capanne.

Sono venute dai monti oscuri

le ciaramelle senza dir niente;

hanno destata ne’ suoi tuguri

tutta la buona povera gente.

Ognuno è sorto dal suo giaciglio;

accende il lume sotto la trave;

sanno quei lumi d’ombra e sbadiglio,

di cauti passi, di voce grave.

Le pie lucerne brillano intorno,

là nella casa, qua su la siepe:

sembra la terra, prima di giorno,

un piccoletto grande presepe.

Nel cielo azzurro tutte le stelle

paion restare come in attesa;

ed ecco alzare le ciaramelle

il loro dolce suono di chiesa;

suono di chiesa, suono di chiostro,

suono di casa, suono di culla,

suono di mamma, suono del nostro

dolce e passato pianger di nulla.

O ciaramelle degli anni primi,

d’avanti il giorno, d’avanti il vero,

or che le stelle son là sublimi,

conscie del nostro breve mistero;

che non ancora si pensa al pane,

che non ancora s’accende il fuoco;

prima del grido delle campane

fateci dunque piangere un poco.

Non più di nulla, sì di qualcosa,

di tante cose! Ma il cuor lo vuole,

quel pianto grande che poi riposa,

quel gran dolore che poi non duole;

sopra le nuove pene sue vere

vuol quei singulti senza ragione:

sul suo martòro, sul suo piacere,

vuol quelle antiche lagrime buone!

IL SUONO DOLCE DEL NATALE. LE CIARAMELLE DI PASCOLI.

di Antonella Pederiva .

fonte foto / web

Ciò che il Natale ci evoca, in fondo, sono solo i nostri dolci ricordi, suoni di chiesa, suoni di chiostro, suoni di casa, suoni di culla, suoni di mamma, suoni del nostro dolce e passato pianger di nulla. Natale sono le sensazioni che ci portiamo dentro, le palline passate di mano in mano, quel profumo di abete, che seppure finto, sapeva così tanto di buono. I nostri piccoli problemi, le scaramucce e i bronci che passavano presto, bastava spesso un riso o un sorriso, bastava un bacio ed il mondo tornava bello, come gli occhi di mamma. Nessuna mamma è brutta agli occhi di un bambino. Non ci sono ferite che non si curino con un bacino. Quanto vorremmo avere ancora quelle lacrime buone, ora che le lacrime bruciano più del fuoco, in questi occhi che hanno visto troppo e che, a volte, non sanno più piangere. E sembra davvero di risentire quel suono antico di zampogna che arrivava da lontano e che riempiva il cuore delle dolci note della nascita santa. (Antonella Pederiva)

LE CIARAMELLE

di Giovanni Pascoli

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Udii tra il sonno le ciaramelle,

ho udito un suono di ninne nanne.

Ci sono in cielo tutte le stelle,

ci sono i lumi nelle capanne.

Sono venute dai monti oscuri

le ciaramelle senza dir niente;

hanno destata ne’ suoi tuguri

tutta la buona povera gente.

Ognuno è sorto dal suo giaciglio;

accende il lume sotto la trave;

sanno quei lumi d’ombra e sbadiglio,

di cauti passi, di voce grave.

Le pie lucerne brillano intorno,

là nella casa, qua su la siepe:

sembra la terra, prima di giorno,

un piccoletto grande presepe.

Nel cielo azzurro tutte le stelle

paion restare come in attesa;

ed ecco alzare le ciaramelle

il loro dolce suono di chiesa;

suono di chiesa, suono di chiostro,

suono di casa, suono di culla,

suono di mamma, suono del nostro

dolce e passato pianger di nulla.

O ciaramelle degli anni primi,

d’avanti il giorno, d’avanti il vero,

or che le stelle son là sublimi,

conscie del nostro breve mistero;

che non ancora si pensa al pane,

che non ancora s’accende il fuoco;

prima del grido delle campane

fateci dunque piangere un poco.

Non più di nulla, sì di qualcosa,

di tante cose! Ma il cuor lo vuole,

quel pianto grande che poi riposa,

quel gran dolore che poi non duole;

sopra le nuove pene sue vere

vuol quei singulti senza ragione:

sul suo martòro, sul suo piacere,

vuol quelle antiche lagrime buone!

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