Di Antonella Pederiva
Quando si parla di violenza sulle donne, spesso la visione che si associa è la violenza fisica, quella che lascia segni sulla pelle e sulla carne. Ma esiste un altro tipo di violenza, meno facile da individuare, che lascia cicatrici profonde nell’anima. È la violenza psicologica, quella fatta soprattutto di parole, di frasi, di atteggiamenti, a volte, di indifferenza. È quel sottile gioco perverso che, piano piano, si insinua come certezza. La certezza di non essere adeguata, di valere poco, di non essere in grado di affrontare la vita senza la presenza costante di colui che si è erto a dominatore. Il nulla fatto di nulla che fa della vita un nonsenso. Uscire dalla spirale dell’annientamento della volontà e della stima di sé è difficile. Non ci sono bende a lenire le ferite, invisibili agli occhi di chi guarda, di chi non vede oltre l’apparente alone di normalità.
Dal mio libro “Anima d’aquila”:
TU TACI
(Menzione di Merito Premio Internazionale CET Scuola Autori di Mogol)
Cerco un punto
d’incontro,
un suono, una voce
qualcosa
che mi faccia
capire.
Aspetto una mano
che tesa
si stringa alla mia,
un segno furtivo
che accolga
la mia mente confusa.
Tu accendi una luce
e la spegni
senza chiedermi niente
di me.
Oh che cupo dolore
se allora
donare a te l’anima mia
io volevo,
se con l’ansia
di dirti parole
i miei vuoti riempivo.
Tu taci
e in silenzio sprofonda
la mia solitudine.
(Antonella Pederiva)