L’ODIO È PER I DEBOLI

Di Antonella Pederiva

Basta che un uomo odi un altro perché l’odio vada correndo per l’umanità intera.
(Jean-Paul Sartre).

L’odio è un sentimento, ho sentito dire, e, proprio perché sentimento, così come l’amore, va accettato. Non sono d’accordo. L’odio, credo non sia mai giustificabile. Della mia opinione, e certo con più cognizione di causa, sono gli psicologi che definiscono l’odio: “un disturbo dell’affettività, con il profondo e duraturo desiderio di far del male a qualcuno (o qualcosa).

Un’emozione di tipo ostile, focalizzata sul detestare e sul rivendicare”. Non va confuso con la rabbia, l’odio, perché la rabbia ha connotazione diversa e si manifesta come un disturbo dell’affettività che può essere anche esplosivo ma è momentaneo e passeggero.

L’odio, invece, è un comportamento decisamente calcolato, spesso fomentato dall’invidia, ruminato, rimuginato silenziosamente, anche per lunghi periodi, destinato ad esplodere in modo potente, aggressivo e distruttivo.L’odio non porta a niente, non arriva a niente, non conclude niente. Conduce solo ad inutili conflitti e al dolore. Ci sono infinite modalità di gestione dei problemi alternative all’odio. In società e in famiglia, nei rapporti formali e legati alla sfera personale, l’odio non risolve, complica.

L’odio è dei deboli, di chi è incapace di trovare soluzioni, di chi non è in grado di trovare pace con la propria anima.