L’ULTIMO PASSO DI DANZA. OMAGGIO A CARLA FRACCI

Di Antonella Pederiva

“Ho danzato nei tendoni, nelle chiese, nelle piazze. Sono stata una pioniera del decentramento. Volevo che questo mio lavoro non fosse d’élite, relegato alle scatole d’oro dei teatri d’opera. E anche quand’ero impegnata sulle scene più importanti del mondo, sono sempre tornata in Italia, per esibirmi nei posti più dimenticati e impensabili. Ho lavorato moltissimo. Nureyev mi sgridava. Chi te lo fa fare, ti stanchi troppo. Ma a me piaceva così e il pubblico mi ha sempre ripagato. Se sono famosa me lo sono guadagnato. La fortuna non te la regala nessuno.”Il 27 maggio 2021, nella sua casa milanese, con la dignità e la riservatezza che aveva sempre dimostrato in tutta la sua vita, ci lasciava, Carla Fracci, una delle più grandi ballerine del ventesimo secolo. Una donna che riuscì a restare umile pur avendo calcato i più grandi palcoscenici del mondo, dal Metropolitan al Covent Garden, dal Bolshoi a Tokyo, Cuba, dalla Scala alla Fenice di Venezia, al san Carlo di Napoli, al Regio di Torino, al Comunale di Bologna, al Verdi di Trieste, all’Arena di Verona, al Massimo di Palermo, all’Opera di Roma.“Il pubblico avverte sempre quando un artista è autentico, è sincero, e dedicato fino in fondo. Soltanto, con queste condizioni, può nascere, nell’interpretazione, la magia.” Magica, sì, certamente, fatta di aria e di luce, eterea e misteriosa, sensuale e rarefatta, vibrante di energia, soffio di vento, fiore raro di freschezza. Vederla volteggiare era riposo della mente, gioia e spensieratezza, appagamento dei sensi e nutrimento del cuore. Sicuramente sincera, autentica, dedita con amore alla sua professione, rispettosa di sé e del suo pubblico. La ballerina di tutti, una stella luminosa venuta sulla terra. Classe, leggerezza, delicatezza, stile, gentilezza, bellezza. La personificazione dell’arte. La leggiadria e il sacrificio. Un’avventura, la sua, iniziata prestissimo, a dieci anni, grazie ad un’amica di famiglia (suo padre era tranviere, sua madre, casalinga) che volle iscriverla, alla Scuola di ballo della Scala. Una carriera fulgida, frutto di ore e ore di allenamento, di perseveranza, di tenacia. Il suo passo, un anno fa, si è sollevato per non ricadere più. Dove l’anima mai vinta trova nuova casa, la possiamo immaginare danzare ancora senza vincoli e gravità, senza più peso seguendo traiettorie celesti, al ritmo delle note di altri grandi musicisti che l’hanno preceduta. Noi che l’abbiamo amata, seguita; noi che danza era sinonimo di Fracci, vogliamo dedicarle, oggi, il nostro pensiero. Grazie, dunque, Carla, per la tua presenza, grazie al sospiro divino che ti ha consegnata al mondo, grazie per aver condiviso con noi la fiammella del tuo talento. E grazie anche, ed è doveroso, a chi per prima ha creduto a te e ti ha consegnata all’immortalità.