MARIO QUINTANA, IL POETA DELLA SEMPLICITÀ

Di Antonella Pederiva

Dalla biografia di Mario Quintana, grande poeta brasiliano morto nel 1994. Il poeta della semplicità e delle piccole cose, come si definiva. Faccio mie le sue parole. Perché non esiste poesia senza inquietudine:

Sono nato ad Alegrete, il 30 luglio 1906. Credo che sia la cosa più importante che mi sia capitata. E ora, ecco, mi chiedono di parlare di me. Bene! Ho sempre pensato che ogni tipo di confessione che non sia trasfigurata dall’arte sia indecente. La mia vita è nelle mie poesie, io sono le mie poesie, non ho mai scritto, nemmeno una virgola, che non fosse una confessione. Ma da me si vogliono dettagli… D’accordo! Ho 78 anni senza età. Di età ce ne sono due: o sei vivo o sei morto. L’ultimo caso è l’età più importante, visto che ci è stata promessa l’eternità. Sono nato nel rigore invernale a un grado e prematuro, per di più: complessato di non essere ancora pronto. Fino al giorno in cui scoprii che uno così completo come Winston Churchill era nato prematuro e che lo stesso era capitato a sir Isaac Newton! Excusez du peu… Preferisco citare l’opinione che gli altri hanno di me. Dicono che sono modesto. Al contrario, sono così orgoglioso da pensare che non ho scritto nulla al mio livello. Poiché la poesia è insoddisfazione, un anelito di autosuperamento. Un poeta soddisfatto, non soddisfa. Dicono che sono timido. Niente affatto! Sono silenzioso, introspettivo. Non capisco perché sottopongano a trattamento chi è introverso. Solo perché non possono essere belli come gli altri?

GUARDO LE MIE MANI

Guardo le mie mani: sole non sono estranee

Perché sono le mie. Ma è talmente squisito distenderle

Così, lentamente come quegli anemoni del fondo del mare …

Chiuderle, all’improvviso,

Le dita come petali carnivori!

Con esse, tuttavia, prendo solo questo alimento impalpabile del tempo,

Che mi sostiene, e mi uccide, e va secretando il pensiero

Come i ragni tessono le tele.

A che mondo

Appartengo?

Nel mondo ci sono pietre, baobab, pantere,

Acque canticchianti, il vento che soffia

E in alto le nubi che improvvisano incessantemente,

Ma niente, di questo tutto, dice: “esisto”.

Perché a malapena esistono …

Intanto,

Il tempo genera la morte, e la morte genera gli dei

E, pieni di speranza e di spavento,

Officiamo rituali, inventiamo

Parole magiche,

Scriviamo

Poesie, povere poesie

Che il vento,

Miscela, confonde e disperde nell’aria …

Né la stella del cielo né la stella marina

Sono state il fine della Creazione!

Ma, allora,

Chi tesse eternamente la trama di questi vecchi sogni?

Chi fa in me — questa domanda?

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