PRIMO LEVI, MONITO E SPERANZA

“Perché la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità? A che serve la memoria?”

Di Antonella Pederiva

Primo Levi fonte foto Web

CERCAVO TE NELLE STELLE

Cercavo te nelle stelle quando le interrogavo bambino.Ho chiesto te alle montagne,ma non mi diedero che poche volte solitudine e breve pace.Perché mancavi, nelle lunghe sere meditai la bestemmia insensata che il mondo era uno sbaglio di Dio,io uno sbaglio del mondo.E quando, davanti alla morte,ho gridato di no da ogni fibra,che non avevo ancora finito,che troppo ancora dovevo fare,era perché mi stavi davanti,tu con me accanto, come oggi avviene,un uomo una donna sotto il sole.Sono tornato perché c’eri tu.

PRIMO LEVI da “Ad ora incerta”

11 febbraio 1946

Una delle più belle poesie d’amore dei nostri tempi, Primo Levi la dedica a colei che, un anno dopo, diverrà sua moglie, Lucia Morpurgo.L’amore che dà un senso all’esistere, quell’amore che, qui, è dedicato ad una donna, ma che ha le sembianze dei nostri affetti, di chi amiamo, di coloro che ci piangeranno. Non è bastato questo amore, se, quarantun’anni più tardi, l’11 aprile 1987, come le ipotesi più accreditate suggeriscono, Levi decise di rinunciare a vivere. Nessuno conosce, aldilà dell’apparenza, le ragioni che muovono le gesta di un uomo, nessuno conosce i pensieri che si annidano nelle pieghe della mente di un uomo. Certo è che un’esperienza come quella di Auschwitz non può non lasciare segni indelebili e non popolare di fantasmi le notti. Pesi difficili da sostenere, come difficile è renderne testimonianza. Primo Levi era scrittore e uno scrittore non può esimersi dallo scrivere e dal raccontare. A noi restano i suoi scritti (e di questo gli siamo debitori), a monito e a speranza.

IL CANTO DEL CORVO (II)

Quanti sono i tuoi giorni? Li ho contati:

Pochi e brevi, ognuno grave di affanni;

Dell’ansia della notte inevitabile,

Quando fra te e te nulla pone riparo;

Del timore dell’aurora seguente,

Dell’attesa di me che ti attendo,

Di me che (vano, vano fuggire! )

Ti seguirò ai confini del mondo,

Cavalcando sul tuo cavallo,

Macchiando il ponte della tua nave

Con la mia piccola ombra nera,

Sedendo a mensa dove tu siedi,

Ospite certo di ogni tuo rifugio,

Compagno certo di ogni tuo riposo.

Fin che si compia ciò che fu detto,

Fino a che la tua forza si sciolga,

Fino a che tu pure finisca

Non con un urto, ma con un silenzio,

Come a novembre gli alberi si spogliano,

Come si trova fermo un orologio.

(Primo Levi, 22 agosto 1953)

“Comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.