Quando intervistai PUPO

di Antonella Pederiva

fonte foto / profilo facebook A.Pederiva

Un’amica ha ritrovato questa mia intervista a Pupo dell’anno appena trascorso. Ricordo Enzo con molto piacere. Aldilà del personaggio, una persona umile e spontanea. Molto probabilmente lo rivedrò presto….Antonella Pederiva27 aprile 2018

Strepitoso successo per Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, al debutto del suo tour italiano ed europeo al Teatro Verdi di Montecatini Terme. Pubblico in piedi ed entusiasmo alle stelle, una grande festa per celebrare il suo nuovo album “Porno contro amore” e il suo ritorno sulla scena musicale. La nuova generazione che si mischia alla vecchia, a chi, come me, ha vissuto amori e speranze, delusioni e gioie cantando le sue canzoni. Pupo si mette a nudo, mette a nudo le sue emozioni, e lo fa con la semplicità del vicino della porta accanto, dell’amico, del confidente, parla delle sue donne e della sua vita, mostra le foto della sua infanzia e il suo pubblico lo ricompensa con una standing ovation degna dei più grandi artisti internazionali. Lo ho raggiunto dietro le quinte e ne è uscita un’intervista rispettosa ma confidenziale, in un clima di grande cordialità e disponibilità. Davvero Pupo è…uno di noi.
Io inizierei dalla fine, dal suo ultimo album. Enzo Ghinazzi, certamente un uomo che non ha paura di mostrare le sue fragilità.
E’ stata un po’ la mia caratteristica di sempre. Anche quando ero un ragazzino io ero sempre fuori dal coro. E’ il mio carattere. Forse anche una forma di egoismo, un modo per scaricare sugli altri le mie preoccupazioni. Però io sono così e mi fa piacere che, anche nella professione, questo venga fuori, perché c’è stato un periodo in cui la gente magari pensava che io fossi diverso, qualcos’altro, in virtù di canzoni più leggere. Io poi sono una persona schietta, sincera; chiaramente non sono il depositario della verità assoluta, ma le mie verità le difendo.
Quanto influisce la popolarità nella vita di un artista?
Beh, purtroppo condiziona totalmente. Io non riesco più ad immaginare una vita anonima. La mia popolarità ha totalmente condizionato le mie scelte. Se voglio andare ad una festa popolare, non ci vado perché so che poi condizionerei me stesso, la mia serenità e magari anche quella dei personaggi che sono i protagonisti di quel momento. Quindi un po’ la popolarità ti condiziona, ci devi sapere vivere e viverla come un privilegio, non come un castigo o una zavorra, se no diventa davvero un problema.
Lei ha sempre scritto canzoni semplici che hanno saputo toccare la sfera delle emozioni. Come e quando nascono le sue canzoni?
Le mie canzoni sono nate quasi sempre in conseguenza ad esperienze direttamente vissute, tranne in qualche caso in contesti che hanno un respiro più allegro, più gioioso, come Gelato al Cioccolato, una relazione meno personale, meno intima, ma se parliamo di Firenze S. Maria Novella, Su di noi, Ciao, Forse, Un amore grande, sono tutte canzoni dove io ho raccontato direttamente i miei amori, le mie delusioni, le mie sconfitte. Tutto.
Il suo rapporto con il pubblico.
Il mio rapporto con il pubblico è un rapporto di grandissima lealtà, sincerità , onestà. Io non cerco il consenso per forza. Il pubblico lo rispetto molto ma pretendo anche di essere rispettato.
Pupo non è solo cantante. Conduttore, scrittore, persino doppiatore in “Sansone”. Cosa vede nel suo futuro?
Il mio futuro si accorcia sempre di più perché sono più di 40 anni che faccio questo mestiere. Vedo una continuazione di quello che ho ottenuto, quindi vedo qualche crescita nel campo televisivo, nella conduzione. Magari mi vedo direttore artistico del Festival di Sanremo, conduttore. Uno sviluppo di quello che già c’è, perché vedere novità assolute diventa difficile. Alla soglia dei 63 anni mi rimangono ancora una decina di anni, se ho la fortuna di viverli in salute. Non è che uno possa fare progetti strepitosi.
Tutti temiamo qualcosa. Quali sono le sue paure?
La paura principale è quella della sofferenza. La sofferenza dovuta a crolli fisici, psicologici, a quello che potrebbe colpire la mia sfera familiare. Ho paura della sofferenza non tanto della morte. Quella non mi fa paura. E poi ho un po’ paura per le mie figlie, per i miei nipoti, del loro futuro. Preoccupazione più che paura, perché paure vere e proprie non ne ho, tranne, appunto, quella di affrontare periodi di lunga sofferenza. Magari poi troverò, come sempre ho fatto però, la forza di reagire.


Nazionale Cantanti. 236 presenze e 25 reti. Per i suoi 60 anni e i suoi 40 anni di carriera, i suoi colleghi le hanno fatto il regalo di giocare a Ponticino. Gioca ancora?
Io con la Nazionale Cantanti ho avuto un rapporto di grandissimo amore. L’ho fondata insieme a Morandi e a tanti altri miei colleghi, sono stato presidente, consigliere. Mi hanno fatto questo regalo meraviglioso. Non solo per i miei 60 anni, altre 2 o 3 volte erano venuti a Ponticino a giocare. Negli ultimi anni di giocare ho smesso, anche perché fisicamente non riesco più a garantirmi l’incolumità fisica, nel senso che ho rispetto anche per le persone che lavorano con me nel mondo della musica, perché , in qualche modo, questa gente va avanti perchè lavora con me, i miei musicisti, i miei collaboratori. Quindi andare a farmi male per giocare a calcio, no. Però partecipo alle iniziative di solidarietà, sono sempre un sostenitore della nazionale Cantanti ma, in campo, meglio vadano i giovani.