Di Antonella Pederiva
Dove la mente non conosce paura
e la testa si tiene alta,
dove il sapere è libero, a tutti,
dove il mondo non è chiuso
dalle pareti di una casa,
dove la mente è a Te indirizzata,
verso pensieri e azioni sempre più grandi,
sotto questo cielo di libertà, Padre mio,
fa’ che il mio popolo si desti.
(Tagore)
L’essere umano, nella sua interezza, con la sua intelligenza, troverà sempre la strada per esprimere la sua umanità, per contrastare ogni politica volta a creare divisione e separazione, volta a discriminare e a dividere i popoli. Si basa su questo concetto e su questa speranza tutta la filosofia e la poetica di Rabindranath Tagore, scrittore, poeta, drammaturgo e filosofo indiano, nato a Calcutta il 7 maggio 1861 e morto a Santiniketan il 7 agosto 1941, nella scuola che aveva istituito ed amato, un luogo dove poter apprendere in modo totalmente diverso dagli istituti occidentali, attraverso il confronto e il dialogo, secondo le regole dell’antica saggezza indiana e al quale, nel 1913, donerà il denaro fruttato dal Premio Nobel per la Letteratura. Un concetto oltremodo attuale, un pensiero volto alla riconciliazione, a cercare il significato dell’esistenza nell’armonia che sta alla base dell’universo, che ruota intorno al principio di lode al supremo che percorre tutta la filosofia indiana, di cui Thákhur (nome originario di Tagore) è stato uno dei maggiori maestri del XX secolo. Una vita, la sua, spesa a cercare la giusta via per integrare le varie culture presenti in India, per unire oriente e occidente, seguendo il sentiero tracciato dal nonno, che aveva fondato, nel 1928, il “Sodalizio dei credenti in Dio”, un movimento che si prefiggeva di creare i presupposti per la fusione tra spiritualità politeista indiana e il monoteismo del cristianesimo. Esiste un forte legame tra l’anima dell’essere umano e quella dell’intero creato, un legame indissolubile e dimenticato. Un equilibrio, troppo spesso spezzato quello con la natura di cui l’uomo è solo scheggia, nel mosaico della vita.
Da “Il giardiniere”:
Nella sala delle udienze del mondo
la semplice foglia d’erba è seduta
sullo stesso tappeto del raggio di sole
e le stelle della mezzanotte.
Così i miei canti condividono il posto
nel cuore dl mondo con la musica
delle nubi e delle foreste.
Ma tu, uomo ricco e potente,
la tua ricchezza non ha nessuna parte
nella semplice grandiosità
del gioioso oro del sole
e del tenero riflesso della
luna.
La benedizione del cielo
che tutto abbraccia
non è versata su di essa.
E quando compare la morte,
essa impallidisce e appassisce
e si sbriciola in polvere.
A LUNGO DURERÀ IL MIO VIAGGIO
A lungo durerà il mio viaggio
e lunga è la via da percorrere.
Uscii sul mio carro ai primi albori
del giorno, e proseguii il mio viaggio
attraverso i deserti del mondo
lasciai la mia traccia
su molte stelle e pianeti.
Sono le vie più remote
che portano più vicino a te stesso;
è con lo studio più arduo che si ottiene
la semplicità d’una melodia.
Il viandante deve bussare
a molte porte straniere
per arrivare alla sua,
e bisogna viaggiare
per tutti i mondi esteriori
per giungere infine al sacrario
più segreto all’interno del cuore.
I miei occhi vagarono lontano
prima che li chiudessi dicendo:
“Eccoti!
“Il grido e la domanda: “Dove?
“si sciolgono nelle lacrime
di mille fiumi e inondano il mondo
con la certezza: “lo sono!”
(Rabindranath Tagore)