Di Antonella Pederiva
Se ne è andato l’11 gennaio 1999. Un peccato, un peccato davvero, perché in quest’epoca avrebbe avuto molto da dire, perché Fabrizio De André è sempre stato uomo immerso nel mondo, cantautore della realtà, cittadino impegnato, consapevole, essere alla ricerca, curioso, anticonformista, profondo. L’arte non può essere un’entità a sé stante, un’isola felice, distante ed indifferente. L’arte deve anche essere testimone, freccia, tamburo, scossa. Fabrizio lo era. Era voce dei senza voce, megafono dei deboli. Ci manca. Manca in questo silenzio strabordante di urli oscenamente privi di sentimento e di senso.<
Ho scelto per ricordarlo questa ballata, ispirata da Spoon River, di Edgar Lee Masters
FRANK DRUMMER
Da una cella a questo luogo oscuro –
la morte a venticinque anni!
La mia lingua non poteva esprimere ciò che mi si agitava dentro,
e il villaggio mi prese per scemo. Eppure all’inizio c’era una visione chiara,
un proposito alto e pressante, nella mia anima,
che mi spinse a cercare d’imparare
l’Enciclopedia Britannica.
UN MATTO (DIETRO OGNI SCEMO C’È UN VILLAGGIO)
di Fabrizio De André
Tu prova ad avere un mondo nel cuore
E non riesci ad esprimerlo con le parole
E la luce del giorno si divide la piazza
Tra un villaggio che ride e te, lo scemo che passa
E neppure la notte ti lascia da solo
Gli altri sognan sé stessi e tu sogni di loro
E, sì, anche tu andresti a cercare
Le parole sicure per farti ascoltare
Per stupire mezz’ora basta un libro di storia
Io cercai di imparare la Treccani a memoria
E dopo maiale, Majakovskij, malfatto
Continuarono gli altri fino a leggermi matto
E senza sapere a chi dovessi la vita
In un manicomio io l’ho restituita
Qui, sulla collina, dormo malvolentieri
Eppure c’è luce, ormai, nei miei pensieri
Qui nella penombra ora invento parole
Ma rimpiango una luce, la luce del sole
Le mie ossa regalano ancora alla vita
Le regalano ancora erba fiorita
Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina
Di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina
Di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia
“Una morte pietosa lo strappò alla pazzia”