TUTTO CAMBIA E NIENTE CAMBIA. LA POETICA DI LAWRENCE FERLINGHETTI.

di Antonella Pederiva

Tutto cambia e niente cambia. Tutto passa, tutto è destinato a passare, cambiano gli uomini che calpestano la terra, soffi di vite che sfiorano l’Eterno, echi di nomi e frammenti di ricordi. Ma ciò che è intrinseco all’Uomo sembra non cambiare mai. Caino e Abele, Pietro e Giuda, Barabba e Ponzio Pilato, Erode e Tommaso, cambiano i visi ma non cambiano le azioni, non cambiano le attitudini. L’Uomo non ha mai imparato dai suoi errori, e tutto si ripete, in una giostra che non smette di girare sempre su sé stessa. (Antonella Pederiva)

fonte foto Web

TUTTO CAMBIA E NIENTE CAMBIA di Lawrence Ferlinghetti

Tutto cambia e niente cambia

Finiscono secoli

e tutto continua

come nulla finisse

Come le nubi ancora s’arrestano a mezzovolo come dirigibili presi tra venti contrari

E la febbre dell’efferata vita di città ancora strozza le strade

Ma ancora io sento cantare

ancora le voci dei poeti

mischiate agli schiamazzi delle troie

nell’antica Mannahatta

o nella Parigi di Baudelaire

echeggiare richiami d’uccelli

lungo i vicoli della storia

ora coi nomi cambiati

E ora siamo nel Novecento

e la Borsa è di nuovo crollata

E mio padre vagabonda qui vicino con il fedora in testa

occhi sui marciapiedi

un’unica lira italiana

e un centesimo che raffigura la testa di un indiano in tasca

Trafficanti di liquori e carri funebri passano al rallentatore

Risuona la campana di ferro di una chiesa

frammista agli allarmi delle macchine nell’anno duemila

Mentre abiti nuovi corrono al lavoro in grattacieli oscillanti

mentre gli strilloni ancora strillano annunciando l’ultima follia

E risate s’alzano

sul mare lontano

Se ne è andato da poco, il 22 febbraio, LAWRENCE FERLINGHETTI.

Poeta, romanziere, drammaturgo, libraio, editore, pittore, nato nel 1919 a Yonkers, nello Stato di

New York, da padre bresciano, cresciuto in Francia, approdato negli anni cinquanta a San Francisco,

che divenne, poi, sua patria di adozione, nel 1953 fondò “City Lights”, la prima libreria al mondo a

vendere esclusivamente tascabili, che, in poco tempo, diventò anche casa editrice. Non fu solo

libreria “City Lights” ma, anche e soprattutto, luogo di ritrovo e di crescita per generazioni di artisti e

scrittori americani e non solo. Processato nel 1956 con l’accusa di messa in circolazione volontaria e

oscena di scritti indecenti per aver pubblicato uno dei manifesti di quel movimento letterario, l’Urlo

di Ginsberg, fu poi prosciolto sulla base del Primo emendamento, che nella Costituzione americana

tutela la libertà di parola. Con lui se

ne va l’ultimo dei poeti della Beat Generation, (anche se di sé diceva di essere l’ultimo dei bohémien) un uomo, un artista che si batté sempre perché l’arte fosse

accessibile al popolo, non, come lui stesso in più occasioni affermò, “a solo una manciata di

intellettuali molto colti”. Antimilitarista, antitotalitarista e anarchico anche Ferlinghetti si interrogò sul

ruolo del poeta nella società: “A cosa servono i poeti in quest’epoca? / A cosa serve la poesia? / Lo

stato del mondo invoca la poesia a salvarlo”. Poeta delle antinomie, le sue liriche sono impregnate

di un misticismo cosmico universale. Lontano da ogni appartenenza ideologica, privo di orizzonti

dottrinari, filosofo sensibile alla libera espressione, aldilà di ogni divisione culturale e di genere, fu

autore di autentici best-seller poetici (A Coney Island of the Mind è stato tradotto in nove lingue), tra

i quali anche Scene italiane, Poesie inedite (Minimum Fax, 1995), L’amore nei giorni della rabbia

(Mondadori, 1999), Il lume non spento (Interlinea, 2008) e la raccolta antologica Poesie (Guanda, 2005).

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