UGO FOSCOLO E L’IDEALE DI LIBERTA’ di Antonella Pederiva

Sono amore e patria i temi principali de “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” il romanzo epistolare di Ugo Foscolo, che ricordiamo oggi nell’anniversario della sua morte, il 10 settembre 1827. Un romanzo, a ben vedere, molto simile al romanzo di Goethe “I dolori del giovane Werther”. Come Werther, anche Jacopo soffre per un amore impossibile e osteggiato ma il contesto di sofferenza sentimentale, differentemente da Werther, è di pretesto a Foscolo anche per denunciare la tirannia dello Stato, l’ipocrita morale borghese. L’amore consola, distoglie dalla negatività della storia politica che si sta consumando, una storia che il protagonista vorrebbe cambiare, senza però averne i mezzi. La fine tragica è la conseguenza di un tentativo fallito di rivendicazione di un diritto, e l’estrema virtù che si impone e si fa notare attraverso il sacrificio della vita. Quando gli ideali in cui aveva creduto, si rivelano mere illusioni, quando la crudezza della realtà prende il dominio sui sogni, quando la certezza dell’inutilità dello sforzo di spezzare il giogo della schiavitù si fa forte, a Jacopo non resta altra scelta che sparire, ma non in silenzio, facendo rumore. Chi ama la libertà non può scendere a compromessi, sembra insegnarci Foscolo. Chi ama giustizia e libertà, non può rassegnarsi ad essere pedina di un potere superiore, non può cedere alla logica della sopraffazione, della sottomissione del debole da parte del più forte.

Le ultime lettere di Jacopo Ortis – Da’ Colli Euganei, 16 Ottobre 1797.Or via, non se ne parli più: la burrasca pare abbonacciata; se tornerà il pericolo, rassicurati, tenterò ogni via di scamparne. Del resto io vivo tranquillo; per quanto si può tranquillo. Non vedo persona del mondo: vo sempre vagando per la campagna; ma a dirti il vero penso, e mi rodo. Mandami qualche libro.Che fa Lauretta? povera fanciulla! io l’ho lasciata fuori di sé. Bella e giovine ancora, ha pur inferma la ragione; e il cuore infelice infelicissimo. Io non l’ho amata; ma fosse compassione o riconoscenza per avere ella scelto me solo consolatore del suo stato, versandomi nel petto tutta la sua anima e i suoi errori e i suoi martirj, davvero ch’io l’avrei fatta volentieri compagna di tutta la mia vita. La sorte non ha voluto; meglio così, forse. Ella amava Eugenio, e l’è morto fra le braccia. Suo padre e i suoi fratelli hanno dovuto fuggire la loro patria, e quella povera famiglia destituta di ogni umano soccorso è restata a vivere, chi sa come! di pianto. Eccoti, o Libertà, un’altra vittima. Sai ch’io ti scrivo, o Lorenzo, piangendo come un ragazzo? – pur troppo! ho avuto sempre a che fare con de’ tristi; e se alle volte ho incontrato una persona dabbene ho dovuto sempre compiangerla. Addio, addio.