ÁLVARO MUTIS, POETA IN CERCA DI ROTTA

Di Antonella Pederiva

“La poesia dev’essere visionaria o non è. La condizione visionaria della poesia talvolta è evidente ed esplicita, altre volte è nascosta, implicita, ma comunque non può mancare.”

Sono parole di Álvaro Mutis, romanziere e poeta colombiano naturalizzato messicano, conosciuto soprattutto per aver creato lo sconclusionato avventuriero, esploratore ed alter ego Maqroll, in realtà scrittore prolifico, nato essenzialmente come poeta, definito da Gabriel Garcia Marquez (scrittore e giornalista colombiano, insignito, nel 1982, del Premio Nobel per la letteratura), uno dei più grandi scrittori della nostra epoca; per Octavio Paz, “voce di un vero poeta, poeta della stirpe più rara, ricco senza ostentazione e senza spreco. Necessità di dire tutto e coscienza che nulla si dice. Amore per la parola, disperazione dinanzi alla parola, odio verso la parola: estremi del poeta. Gusto per il lusso e gusto per l’essenziale, passioni contraddittorie, ma che non si escludono l’un l’altra e alle quali ogni poeta deve le sue migliori poesie […].

Ispirandosi alla sua opera e intorno ai suoi testi, con la sua ammirata approvazione, Fabrizio De André costruì una delle sue più belle canzoni, “Smisurata preghiera”, contenuta nell’album “Anime salve”, considerata il suo testamento spirituale, riflesso e sintesi del suo essere ribelle ed anarchico, un atto d’amore per le minoranze, un omaggio a coloro che sanno pensare e distaccarsi dal pensiero comune, agli ostinati e ai contrari.

Alta sui naufragi

dai belvedere delle torri

china e distante sugli elementi del disastro

dalle cose che accadono al di sopra delle parole

celebrative del nulla

lungo un facile vento

di sazietà di impunità

Sullo scandalo metallico

di armi in uso e in disuso

a guidare la colonna

di dolore e di fumo

che lascia le infinite battaglie al calar della sera

la maggioranza sta la maggioranza sta

Recitando un rosario

di ambizioni meschine

di millenarie paure

di inesauribili astuzie

Coltivando tranquilla

l’orribile varietà

delle proprie superbie

la maggioranza sta

come una malattia

come una sfortuna

come un’anestesia

come un’abitudine

Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria

col suo marchio speciale di speciale disperazione

e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi

per consegnare alla morte una goccia di splendore

di umanità, di verità

Per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio

e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli

con improbabili nomi di cantanti di tango

in un vasto programma di eternità

Ricorda Signore questi servi disobbedienti

alle leggi del branco

non dimenticare il loro volto

che dopo tanto sbandare

è appena giusto che la fortuna li aiuti

come una svista

come un’anomalia

come una distrazione

come un dovere.

Álvaro Mutis è un autore ingiustamente poco nominato, che va riproposto e non dimenticato, è un cantore di mondi scomparsi, dove nobiltà ed onore rivestono ruoli predominanti, un uomo in cerca di rotta che scrisse poesia di infinita bellezza.

COME SPADE IN DISORDINE

di Álvaro Mutis

Omaggio minimo a Stéphane Mallarmé

Come spade in disordine

la luce scorre sui campi.

Isole d’ombra svaniscono

e tentano, invano, di sopravvivere più lontano.

Lì, di nuovo, le raggiunge il fulgore

del mezzogiorno che ordina le sue truppe

e stabilisce i suoi dominî.

L’uomo nulla sa di questi combattimenti silenziosi.

La sua vocazione di penombra, la sua abitudine all’oblio,

le sue usanze, infine, e le sue miserie,

gli negano la gioia di questa festa imprevista

che accade per disegno capriccioso

da chi, dall’alto, lancia i dadi muti

la cui cifra mai conosceremo.

I saggi, frattanto, predicano il conformismo.

Solo gli dèi sanno che questa virtù incerta

è un altro vano tentativo di abolire la sorte.

Da «Poesie disperse (1947-1988)»