di Antonella Pederiva
Cordoglio e lutto nel mondo della letteratura. Se ne è andato per sempre, a Milano, dopo una lunga malattia, Roberto Calasso, fondatore, presidente e consigliere delegato della casa editrice Adelphi, nato a Firenze il 30 maggio del 1941, una vita spesa tra i libri, uno scrittore non classificabile nei generi canonici, uno scrittore originale che ha saputo fondere il saggio con il racconto, la narrativa con la poesia, la storia con il mito, la filosofia con la religione, l’antico con il moderno, l’oriente con l’occidente. Uno scrittore unico e innovativo, critico e non convenzionale che ha saputo spiegare i giorni nostri con i giorni di ieri. Un uomo in ricerca di conoscenza che indagò la psiche umana e la sua coscienza, un investigatore dell’ignoto, di ciò che non è numerabile e quantificabile. Numerosissime le sue opere, tradotte in 28 lingue e pubblicate in 29 paesi, tra cui spiccano “Le nozze di Cadmo e Armonia” (1988), “Il rosa Tiepolo” (2006) e L’ardore (2010), traduzione di “tapas”, parola affine al tepor, qualcosa che brucia, il sentimento di essere vivi, l’origine stessa non solo del pensiero ma del mondo, centrato soprattutto sul mondo del Veda, un “sapere” che comprendeva in sé tutto, dalla più piccola molecola all’infinita grandiosità dell’universo e che comparve più di tremila anni fa nell’India del Nord; un libro che si conclude con un confronto molto significativo tra il mondo attuale e quello vedico, che mette in luce e che, in qualche modo, riabilita, una civiltà che non si appaga della conquista, del possesso, dell’espansione, come tante altre culture, come la nostra, ma che mette la mente e l’invisibile al centro dell’esistenza.