Per chi, parlando del COVID19, ancora ha il coraggio di dire che porta via SOLO anziani e immunodepressi, come se in quel SOLO non fossero compresi uomini degni di vivere, non fossero comprese persone innamorate della vita e che alla vita avevano ancora tanto da insegnare. Come se la vecchiaia cancellasse quel che siamo, che siamo stati, come se età e malattia ci accomunassero, facendoci perdere un’identità e dando a tutti lo stesso nome: vecchio. Mario Benedetti era un immunodepresso a causa di una forma di sclerosi multipla. Mario Benedetti, nel 2014, a seguito di una ipossia cerebrale fu ricoverato in ospedale e in seguito, nel 2018, trasferito in una casa di riposo a Piadena (Cremona). Mario Benedetti aveva 64 anni. Mario Benedetti è morto il 27 marzo 2020. Con coronavirus. Senza coronavirus, Mario Benedetti sarebbe vivo. Mario Benedetti ERA UN POETA.
Da Tersa morte (2013)
maggio 2010
Anni che non dovrebbero più, ore che non dovrebbero
prendermi i giorni, le settimane, i mesi. Il tempo
portato addosso, il sosia a cui chiedo di aiutarmi.
Con la sedia di mio padre gioca la bambina che non conosco.
Adesso è sua. Gioca con quelli che diventeranno i suoi ricordi.
Tutto è una distanza sola. Le fermate sono da rimettere a posto.
Sollevare dei pesi, deporli. Lo sguardo s’inscurisce nella forma
di una porta marcita dove abita una signora anziana da sola.
Il sosia ascolta mia madre non morta, parla di mio fratello
o gli scrive. Pensa al protrarsi della vita che mi sopravvive.
Quante parole non ci sono più.
Il preciso mangiare non è la minestra.
Il mare non è l’acqua dello stare qui.
Un aiuto chiederlo è troppo.
Morire e non c’è nulla vivere e non c’è nulla, mi toglie le parole.
E non ci sono salti, mani che insieme si tengano
alla corda, sorrisi, carezze, baci. Una landa impronunciabile
è il letto nella casa di riposo dei morenti,
agitata, negli spasmi del sentire di vivere ancora.
In provincia di Udine, Codroipo, il malato ai due polmoni,
i pantaloni larghi, il viso con la pelle attaccata alle ossa,
il naso a punta non sono la storia da raccontare, né i ricordi.
Arido sapere, arido sentire.
E io dico, accorgetevi, non abbiate solo vent’anni,
e una vita così come sempre da farmi solo del male.
Secche e immobili nella luce sul terrazzo
le montagne appese allo stendipanni, i gualciti
accappatoi rivoltati dal vento ieri notte.
È un’ora assente. Mi guardi. Si vive ancora,
sì, si vive ancora.ma non c’è la mano da darti. Guardi gli occhi della malinconia.
Guardare prima, guardare dopo.
Cadere fuori pagina, mentre un’altra penna
guarda. e non sapere come
da sogno a sogno le figure quasi si raccolgano:
la via con la casa da poter comprare
prima, la via con i terrazzi in alto
dopo: il dopoguerra, la nostra passeggiata.
Il vuoto si rigira qui e fa ombre
esili quanto esile è la pagina.
Come testimoniare i morti,
vivere come lo fossimo,
morire come lo siamo. Per la vita
è la scoperta della morte e della vita.
Antonella Pederiva Emmeavideopoetry.com