LA POESIA ESULE DI MARINA CVETAEVA

Di Antonella Pederiva

Il 31 agosto 1941 muore suicida, ma in circostanze mai chiarite, Marina Ivanovna Cvetaeva, una delle più importanti voci poetiche femminili del XX secolo, amica epistolare di Rainer Maria Rilke e di Boris Pasternak, poetessa eternamente esule, con il corpo e con la mente, dall’esistenza sofferta, poeta e donna inquieta.

Di Marina Cvetaeva vorrei proporvi oggi questa poesia:

INSINUARSI

E, forse, la vittoria vera

su tempo e gravità: passare

senza lasciare tracce, senza

proiettare ombra

sui muri…

Forse – con la rinuncia

prendere? Cancellarsi da ogni specchio?

Come Lermontov al Caucaso, insinuarsi

senza turbare le montagne.

E, forse, unico diletto: con le dita

di Bach sfiorare l’organo

senza turbare l’eco.

Disfarsi senza lasciare cenere

per l’urna.

Forse – con il raggiro

prendere? Da tutti gli orizzonti

uscire? Nel tempo come nell’oceano

insinuarsi – senza allarmare le onde…

(da Dopo la Russia e altri versi, 1928,

trad. di Serena Vitale)