PATTI SMITH CONQUISTA SPOLETO.

di ANTONELLA PEDERIVA

ENTUSIASMO ALLE STELLE AL TEATRO NUOVO GIAN CARLO MENOTTI PER L’EVENTO ORGANIZZATO DA ATHANOR EVENTI E DAL COMUNE SPOLETINO

ANTONELLA PEDERIVA DURANTE L’INTERVISTA A PATTI SMITH

Camicia bianca, pantalone nero, giacca nera, non poggiata sulla spalla come nella famosa foto del suo compagno degli esordi, Robert Mapplethorpe, ma gettata sfrontatamente sul palco, quasi alla fine del concerto. Una figura androgina fuori da ogni standard estetico, anticonformista, ribelle, come lo era negli anni ’70, quando prepotentemente si fece largo nel mondo del rock, con un carisma fuori da ogni norma, con la sua intelligenza di donna capace di imporsi in un mondo maschilista che ancora credeva che il sesso femminile fosse un gradino più in basso degli uomini. Una battaglia, quella per la parità delle donne, che non ha mai abbandonato, nemmeno ora che i suoi lunghi capelli selvaggi sono diventati completamente bianchi. Ha un’energia Patti Smith che ha del paranormale. Riempie il palco solo con la sua presenza, non c’è bisogno di altro, non servono scenografie. E’ lei la scenografia. Dietro le quinte alla mia domanda sul perché abbia scelto proprio Spoleto come tappa del suo tour in Italia, risponde che Spoleto è una città portabandiera del movimento femminista, in cui il tema dell’indipendenza delle donne è motivo di discussione e di crescita. Una città culturalmente viva, famosa per i suoi concerti e per i suoi eventi. “Una città che mi andava di visitare” afferma ridendo. Una risata allegra, cristallina, semplice, come si intuisce sia rimasta lei, nonostante la notorietà, nonostante sia universalmente riconosciuta come la sacerdotessa del rock mondiale. Nasce come poeta, Patti, e chi è poeta lo resta qualsiasi cosa faccia, qualsiasi ambito si trovi ad esplorare. “ La poesia è nelle parole dei bambini, è un tutt’uno con la natura, una parte predominante dell’essere umano”, spiega quando le chiedo quale sia il ruolo della poesia nella vita di ognuno di noi. Nelle sue parole una sensibilità che aveva già rivelato durante la sua esibizione, nei suoi dialoghi con il pubblico prima di esibirsi nei suoi famosissimi brani. “Il suono della musica per ricordare tutti quelli che abbiamo amato, padri, madri, parenti, anche i nostri animali, perché no, che abbiamo perduto. Il suono della vita”. E ancora la poesia nei suoi pensieri: il ricordo di William Blake, visionario poeta inglese il cui genio fu riconosciuto solo dopo la sua morte, come spesso succede ai grandi, agli spiriti illuminati, troppo avanti per essere capiti. Al suo ricordo, al ricordo di un uomo ingiustamente liquidato in vita come matto, Patti dedica “My Blakean Year”. Il suo concerto è un susseguirsi di emozioni, condivise con un pubblico estasiato da una voce che non conosce età, se possibile ancora più bella ed intensa di quella dei suoi anni dorati. E poi il Petrarca, testimonianza ancora del suo amore per i versi. “Solo e pensoso”, la solitudine come riparo dalla passione, come ricerca di un proprio sentimento interiore. Solo una come Patti, poteva permettersi un riferimento simile, solo lei poteva esser degna di una pausa poetica così carica di pathos. E dopo tutti i suoi più grandi successi, dopo quella “Because the Night” che condivise con Bruce Springsteen, finalmente “People have the power” e l’esortazione a far valere sempre la propria voce, l’inchino con i suoi compagni di avventura, Tony Shanahan e la figlia Jesse, davanti al pubblico estasiato del Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti, sold out per un evento che resterà negli annali, che il Comune di Spoleto e Athanor Eventi, organizzatori, che l’Umbria intera, non dimenticheranno molto presto.