di Antonella Pederiva
La gente arriva alla spicciolata in piazza Gramsci a Casalguidi, si siede sulle sedie come le nuove regole impongono, ma saranno tanti coloro che resteranno fuori, che si accontenteranno di ascoltare da lontano. Era prevedibile. Sul palco è atteso Pupo, icona e idolo di una generazione, colonna sonora dell’adolescenza e della gioventù di milioni di ragazzi e ragazze. C’ero anch’io tra loro, c’ero anch’io tra coloro che hanno cantato le sue canzoni fino allo sfinimento. Potrei fare un articolo tecnico, una sintesi della serata come se ne vedono tante ma con Pupo, no, non posso limitarmi a fare un elenco dei brani, pubblicare la scaletta. Pupo è sentimento, sono i miei ricordi, i miei amori, le mie delusioni, le mie risate e i miei pianti. Pupo è il confidente del mio passato che si è fatto presente. Pupo è il mezzo per riportare alla luce le mie emozioni. “Cosa farò ora che tu vai via, dimmi cosa farai, cederò alla pazzia,per scordarmi di te faro il diavolo a tre, sarò forte domani, vedrai sarò forte”. Pagine del mio diario. “Lo devo solo a te se ho ritrovato il posto mio e a ripensarci su, quello non ero proprio io”. Pupo canta, e non è solo un artista, Pupo è l’amico a cui mi sono appoggiata nei miei momenti allegri e tristi, è il filo conduttore di eventi e situazioni. È flashback. È parente. Potrei limitarmi a raccontare l’entusiasmo del pubblico presente, la calda atmosfera che è riuscito a creare coinvolgendo, come sempre, il pubblico nella sua esibizione. Potrei parlare del momento magico dell’incontro con Antognoni. Guai a chi parlava male di lui nella sua “Firenze Santa Maria Novella”! Un tocco di classe in un concerto senza difetto. Potrei, mi accorgo che lo ho fatto, ma oltre a questo vorrei raccontare un uomo che non ha mai fatto nulla per sembrare un divo, che non hai mai nascosto le sue debolezze, che non si è mai nascosto dietro un palcoscenico ma che ha sempre avuto il coraggio delle sue scelte, delle sue decisioni, che ha pagato caro i suoi debiti, che si è esposto senza menzogna. Forse non un esempio di santità, un essere fallibile, ma sicuramente un esempio di onestà concettuale in un mondo dove l’ipocrisia è di casa. Può non risultare simpatico, Pupo, la sua vita, forse, non è da manuale del benpensante, ma chiunque può prendere atto della sua schiettezza e della sua sincerità, valori importanti e fondamentali. Pupo ieri sera ha incantato tutti, per la sua voce a prova di live, per la sua capacità di dialogo, per la sua verve toscana, per il suo immutato carisma. Un piccolo, grande uomo che ha saputo crearsi, distruggersi e ricrearsi. Come ognuno di noi, fragile e indistruttibile, debole e forte ma profondamente umano. Un cantautore che, checché ne dicano i suoi detrattori, ha sconfitto l’usura degli anni, che è sopravvissuto, e pure egregiamente, ad ogni cambio d’abito della musica e dato la polvere a tanti altri big, con il suo stile inconfondibile, con quel timbro da eterno adolescente che è il suo biglietto da visita, con la sua tenacia e con il suo indubbio talento. Quarantasei anni di successo non sono pochi, sono un’immensità se calcoliamo la velocità con cui spariscono le odierne meteore. Pupo a Casalguidi ha solo confermato chi è e qual è il suo posto, ha solo dato l’ennesima prova della sua bravura e delle sue capacità. Su di lui nemmeno una nuvola, solo il sereno di un futuro ancora da scrivere.