Di Antonella Pederiva
Se mai io scomparissi
presa da morte snella,
costruite per me
il più completo canto della pace!
Ché, nel mondo, non seppi
ritrovarmi con lei, serena, un giorno.
Io non fui originata
ma balzai prepotente
dalle trame del buio
per allacciarmi ad ogni confusione.
Se mai io scomparissi
non lasciatemi sola;
blanditemi come folle!
Aveva solo 22 anni, Alda Merini, quando scrisse questa poesia, il 3 novembre 1953. Un presagio aleggia nei suoi versi, si fa strada il pensiero della follia. Aveva già conosciuto il manicomio, Alda, seppur così giovane, in tempi, però, in cui ogni malattia psichica seguiva quel destino. Mi sono chiesta tante volte quale sarebbe stato oggi il suo percorso, come diversamente si sarebbero dipanate le ombre che costituiscono questa idea che abbiamo di normalità. Alda sarebbe stata “la Merini” se tutto ciò non fosse esistito? Se la sua vita fosse stata un sereno porto sicuro? La poesia più immensa nasce, spesso, dal dolore, da una immane sofferenza, da un tormento interiore che solo le parole sanno placare. Senza il manicomio non avremmo mai potuto leggere “La Terra Santa”, una delle sue raccolte più belle, la cruda testimonianza della vita oltre quelle sbarre troppo simili ad una prigione. Una prigione tremenda, crudele. La perdita della dignità il prezzo da pagare.

Il dottore agguerrito nella notte
viene con passi felpati alla tua sorte,
e sogghignando guarda i volti tristi
degli ammalati, quindi ti ammannisce
una pesante dose sedativa
per colmare il tuo sonno e dentro il braccio
attacca una flebo che sommuova
il tuo sangue irruente di poeta.
Poi se ne va sicuro, devastato
dalla sua incredibile follia
il dottore di guardia, e tu le sbarre
guardi nel sonno come allucinato
e ti canti le nenie del martirio.
Nessuno riuscì, però, a placare quel sangue irruente di poeta. Alda Merini, dopo ogni esperienza di internamento, rinascerà, come fenice, dalle sue ceneri e donerà al mondo liriche indimenticabili e sublimi. Per lei parlano le biografie ma più di tutto parlano i suoi versi, carichi di sentimento e di disperazione, di attaccamento alla vita e di riconoscenza, di amore e di condanna, di rivalsa e di denuncia. Alda Merini fu donna di grande personalità, anticonformista e sincera, avulsa da ogni forma d’ipocrisia. Una donna vera, stravolgente, originale. Il suo corpo cederà alla malattia il 1° novembre del 2009 ma il suo spirito indomito vive in ogni pagina delle sue opere, a perenne monito e ad eterna testimonianza di bellezza.
La mia poesia è alacre come il fuoco,
trascorre tra le mie dita come un rosario.
Non prego perché sono un poeta della sventura
che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore,
sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida,
sono il poeta che canta e non trova parole,
sono la paglia arida sopra cui batte il suono,
sono la ninnanànna che fa piangere i figli,
sono la vanagloria che si lascia cadere,
il manto di metallo di una lunga preghiera
del passato cordoglio che non vede la luce.