LE MIE PAROLE INUTILI SULLA GUERRA

di Antonella Pederiva

Foto: Fotomontaggio da immagini web

Stamani mi sono svegliata con due ore di anticipo sul mio sonno già piuttosto breve. Il mio primo pensiero è stato, sono nel mio letto, tutto intorno a me è silenzio, non ho temuto di essere colpita nella notte, non ho vegliato i miei figli con il timore di non poterli più rivedere, con il timore di non essere più, di non più esistere, di essere, in un attimo, polvere. Sono viva. E tutto intorno a me scorre come sempre, nella nuova normalità voluta da alcuni uomini, ma non in pericolo. Ho acceso il mio smartphone, come faccio sempre, per leggere le notizie del mattino. Oggi non è un giorno qualsiasi. Oggi è un giorno in cui anche le parole faticano a trovare una collocazione, in cui tutto sembra vano, in cui ogni filosofia perde senso. Da altre parti nel mondo, uomini e donne vivono o sopravvivono in ben altre realtà, ostaggi e vittime di giochi di potere. Non è da ieri. No. Ieri si è aggiunto solo un altro pezzo sulla scacchiera, un pezzo visibile agli occhi addormentati di una parte di mondo. Visibile perché vicino, perché volutamente voluto rendere visibile, per suscitare sdegno, giusto, condivisibile, ma cercato, pilotato. Siamo tutti marionette, uomini convinti di poter gestire la propria vita, uomini ombra, pedine a protezione del Re, della Regina, degli alfieri e dei cavalieri. Pezzi da sacrificare per gli interessi di chi decide le sorti. Ora come ieri, come sempre, barattiamo la conoscenza con la comodità, il sapere con l’ignavia. E nuotiamo in mari di ipocrisia, siamo plancton, nutrimento per i pesci. Nel tempo del lockdown, dicevo ai miei figli, per consolarli, per renderli consapevoli, siamo reclusi ma non bombardati, non abbiamo cecchini pronti a farci a pezzi, non abbiamo aria carica dei fumi delle bombe, come in Siria, come in tutti gli altri Paesi, in cui donne piangono figli che furono, dove bimbi piangono madri e padri nell’indifferenza dei loro simili lontani, di noi, che guardiamo scorrere immagini nei telegiornali, girando la forchetta attorno agli spaghetti. Ho continuato a dirlo, anche mentre convogliavo le parole attorno all’assurdità dei recenti provvedimenti, mentre spiegavo che la vera libertà è nell’anima e nessuno può ingabbiarla. Ora, altri bimbi, altre donne, altri uomini innocenti pagheranno il prezzo di essere nati e cresciuti su terre ambite, su terre destinate alla conquista, obiettivi segnati su una carta, altre esistenze saranno spazzate via senza sapere perché, povere bestie allevate per sfamare i potenti. Il mio cuore piange, ma è un pianto vano, acqua persa, che non disseta e non conforta. Affacciata agli eventi, osservo, l’unica arma che possiedo è la mia penna e mai come oggi mi è sembrata inutile.