RIFLESSIONI SUL TEMPO E FINE D’ANNO DI BORGES

Di Antonella Pederiva

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Uno dei più importanti e influenti scrittori del ventesimo secolo, narratore, poeta e saggista. Lui è Jorge Luis Borges (1899-1986) che in questa poesia ci porta a riflettere sul vero significato del cambio di data. La poesia è tratta dalla raccolta “Fervore di Buenos Aires” del 1923, esattamente cento anni fa, ed è questo il riferimento ai numeri due e tre che troviamo all’inizio.

Un altro anno ci è stato dato da vivere. Un nuovo anno si apre. Abbiamo diviso il tempo perché, per la nostra piccola mente limitata, era troppo vasta l’eternità. E abbiamo creato minuti, ore, settimane, mesi ed anni, secondo il cader dei giorni. È un enigma il tempo e una volta passati attraverso di esso non possiamo più tornare sui nostri passi.

“Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va”, scriveva Eraclito nel suo trattato “Sulla natura”. Tutto è mutevole, tutto è soggetto a cambiamento in questo nostro inesorabile sfiorire scandito da luce e buio. Siamo poca cosa ma in fondo vibra in noi lo stupore del miracolo, ma in fondo in noi è racchiuso l’universo. Che perdura.

Jorge Luis Borges.

“Fine d’anno”:

Né la minuzia simbolica

di sostituire un tre con un due

né quella metafora inutile

che convoca un attimo che muore e un altro che sorge

né il compimento di un processo astronomico

sconcertano e scavano

l’altopiano di questa notte

e ci obbligano ad attendere

i dodici e irreparabili rintocchi.

La causa vera

è il sospetto generale e confuso

dell’enigma del Tempo;

è lo stupore davanti al miracolo

che malgrado gli infiniti azzardi,

che malgrado siamo

le gocce del fiume di Eraclito,

perduri qualcosa in noi:

immobile.