Di Antonella Pederiva

Un altro anno ci è stato dato da vivere. Un nuovo anno si apre. Abbiamo diviso il tempo perché, per la nostra piccola mente limitata, era troppo vasta l’eternità. E abbiamo creato minuti, ore, settimane, mesi ed anni, secondo il cader dei giorni. È un enigma il tempo e una volta passati attraverso di esso non possiamo più tornare sui nostri passi.
“Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va”, scriveva Eraclito nel suo trattato “Sulla natura”. Tutto è mutevole, tutto è soggetto a cambiamento in questo nostro inesorabile sfiorire scandito da luce e buio. Siamo poca cosa ma in fondo vibra in noi lo stupore del miracolo, ma in fondo in noi è racchiuso l’universo. Che perdura.
FINE D’ANNO
di Jorge Luis Borges
Né la minuzia simbolica
di sostituire un tre con un due
né quella metafora inutile
che convoca un attimo che muore e un altro che sorge
né il compimento di un processo astronomico
sconcertano e scavano
l’altopiano di questa notte
e ci obbligano ad attendere
i dodici e irreparabili rintocchi.
La causa vera
è il sospetto generale e confuso
dell’enigma del Tempo;
è lo stupore davanti al miracolo
che malgrado gli infiniti azzardi,
che malgrado siamo
le gocce del fiume di Eraclito,
perduri qualcosa in noi:
immobile.