di Antonella Pederiva
Il termine “epifania” deriva dal greco ed ha il significato di “apparizione”, manifestazione” ed ha, quindi, origine religiosa. Nella nostra società occidentale è l’evento legato all’arrivo dei Re Magi a Betlemme, alla misera culla di Gesù appena nato, accudito da Maria e Giuseppe e riscaldato dal fiato di un asino e di un bue. Nelle società orientali, invece, la festa ricorda tre eventi della vita di Cristo, non solo l’adorazione di Gesù da parte dei Magi, ma anche il battesimo di Cristo nel Giordano e il suo primo miracolo eseguito durante le nozze di Cana. Il termine “befana” è una correzione letterale di “Epifania” e nella tradizione popolare solo italiana si rifà ad una leggenda. Baldassare, Gasparre e Melchiorre, mentre erano in viaggio per arrivare a Betlemme da Gesù Bambino, vagavano sperduti alla ricerca della strada; bussarono alla porta della casa di una vecchietta che non seppe indicare loro il cammino. I Re Magi, cortesemente, invitarono la donna ad unirsi a loro, ma la vecchina rifiutò. Pentita per questa decisione, preparò un sacco pieno di dolci e si mise a cercarli, senza però trovarli. Per niente rassegnata, la vecchietta, portando con sé la sua scopa per aiutare la neo mamma nella pulizia della casa, iniziò a bussare ad ogni porta, regalando ad ogni bambino un dolcetto del suo sacco, nella speranza di averlo regalato a Gesù.
Ma perché la calza? Sembra che quest’abitudine richiami un’altra leggenda legata, addirittura, a Numa Pompilio, uno dei sette re di Roma, Si narra, infatti, che il re, nelle sere del solstizio d’inverno, usasse appendere una calza in una grotta, in attesa che una ninfa la riempisse dei frutti della terra come frutta secca, mele, mandarini, primizie che chi non è più giovanissimo ricorderà sicuramente di aver trovato nella sua calza, meno sfarzosa di quella odierna, certamente, ma ricca di sensazioni e di suggestioni.