IL MONDO FANTASTICO DI JULIO CORTÀZAR

Di Antonella Pederiva

Il 26 agosto 1914, a Ixelles, in Belgio nasce Julio Cortàzar, poeta, scrittore, critico letterario, saggista e drammaturgo argentino naturalizzato francese.

Se non avete mai letto i romanzi di Julio Cortàzar, provate ad iniziare con uno, “Lezioni di letteratura” in cui il grande scrittore argentino, spiega come nasce la sua narrativa, la molla che lo spinge a scrivere, quella “distrazione”, prendendo a prestito le sue parole, da cui dipartono le sue trame e si sviluppano i suoi personaggi. Un grande scrittore o un grande poeta non è mai colui che si chiede “cosa posso scrivere oggi?”, che si siede alla scrivania con il vocabolario davanti e la mente persa nelle parole, il grande autore è colui che sa trasformare i suoi sogni, le sue fantasie e la sua realtà in frasi, versi, capitoli in ogni momento della sua giornata, mentre mangia, cammina, lavora, cucina o prende in braccio i suoi bimbi. Julio Cortàzar è così, un uomo capace di sublimare l’ordinario rendendolo straordinario, capace di creare orditi fantastici dal suo tempo, dal suo spazio, dal suo vivere quotidiano. Uno scrittore in grado di aprire nuove realtà strabilianti da realtà ordinarie e monotone. “Pare che io sia nato per non accettare le cose per come sono”, ebbe a dire una volta. Infatti, non accettandole, Cortàzar donava loro vita differente, proprio attraverso l’uso magistrale di lettere e sintassi, spargendo tra le righe quel tocco di magia e di ironia che bastava a creare suggestioni. E, laddove il magico perde consistenza, traspare anche l’impegno politico, anche qui il reale, però, diventa surreale. Nelle diapositive scattate nell’ipotetico viaggio in Nicaragua del romanzo “Apocalisse di Solentiname”, il protagonista ritrova foto che non pensava di aver scattato, immagini di torture, di bambini uccisi, di donne violentate dai soldati fedeli alla dittatura nicaraguense di Somoza. Perché uno scrittore non può nascondersi dietro la sua scrittura, ha l’obbligo morale di rendere testimonianza. ‘Deve” riferire al mondo ciò che i suoi occhi vedono.

Dal romanzo ” LA RAYUELA”:

La Rayuela (Il gioco del mondo) si gioca con un sassolino che bisogna spingere con la punta della scarpa. Ingredienti: un marciapiedi, un sassolino e un bel disegno fatto col gessetto, preferibilmente a colori. In alto sta il cielo, sotto sta la terra, è molto difficile arrivare con il sassolino al cielo, quasi sempre si fanno male i calcoli e il sassolino esce dal disegno. Poco a poco, nonostante tutto, si comincia ad acquisire la necessaria abilità per salvare le diverse caselle, (Rayuela chiocciola, Rayuela rettangolare, Rayuela fantasia, poco usata) e un giorno si impara a uscire dalla terra e a far risalire il sassolino fino al cielo, fino ad entrare nel cielo (…), il brutto è che proprio a quel punto, quando quasi nessuno ha ancora imparato a far risalire il sassolino fino al cielo, finisce di colpo l’infanzia e si casca nei romanzi, nell’angoscia da due soldi, nella speculazione di un altro cielo al quale bisogna comunque imparare ad arrivare. E siccome si è usciti dall’infanzia… ci si dimentica che per arrivare al cielo si ha bisogno di questi ingredienti, un sassolino e la punta di una scarpa.

IL BRAVO BAMBINO da “Pameos y Meopas”

Non saprò sfilarmi le scarpe e lasciare che la città

morda i miei piedi,

non mi ubriacherò sotto i ponti, non avrò cadute

di stile.

Accetto questo destino di camicie stirate,

arrivo puntuale ai cinema, lascio il mio posto alle signore.

II grande sconvolgimento dei sensi non mi va, scelgo

il dentrificio e le tovagliette. Mi vaccino.

Guarda che misero amante, incapace di gettarsi in una fonte

per portarti un pesciolino rosso

tra lo sdegno di gendarmi e badanti.