Di Antonella Pederiva
“La più grande tragedia di questi tempi, non è nel clamore chiassoso dei cattivi, ma nel silenzio spaventoso delle persone oneste”, è una frase di Martin Luther King che ben si adatta ai nostri tempi, a questo contesto sociale che sta dando materiale per i libri di Storia del domani. Cosa scriveranno i posteri di noi? Me lo domando spesso. Come ci descriveranno? Come descriveranno la nostra inerzia di fronte agli orrori che nascondiamo come polvere sotto il tappeto, di fronte alla sofferenza di uomini, donne, bambini, che rimuoviamo come mosche fastidiose, davanti alle ingiustizie, alle sopraffazioni, al continuo sfregio dei diritti umani a cui assistiamo giornalmente? Dalle insensatezze di casa nostra, agli affari internazionali che dovrebbero vedere l’Italia, per Costituzione, in un ruolo diverso da quello adottato dai nostri governanti, dalla piccola Striscia di Gaza, martirizzata da una violenza sproporzionata, inconcepibile, inaudita, all’Ucraina sacrificata ai giochi di potere, fino ai confini della Bielorussia, fino in Siria, in Congo, nello Yemen, in tutti i luoghi in cui un uomo viene privato della sua libertà, della sua voce e della sua umanità. Noi c’eravamo. Noi ci siamo. E siamo rimasti in silenzio?
“Le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano”
(Martin Luther King)