Di Antonella Pederiva
È il poeta dell’amore, Nazim Hikmet, ma è anche uomo capace di battersi per degli ideali, capace di esporsi in prima persona, capace di scontare esilio e decenni di prigione per non abbandonare i suoi princìpi. Per i suoi tempi, un sovversivo, per il suo impegno in difesa del proletariato turco, per la sua opposizione al regime, per la sua denuncia del genocidio armeno, per la sua adesione al movimento comunista.
“Accusato di aver tentato di incitare l’esercito turco alla ribellione, Nazim è stato condannato alle punizioni più terribili”, scriverà di lui il suo grande amico, Pablo Neruda. “Il mio fratello poeta sente le sue forze mancare; resiste con orgoglio; comincia a cantare; all’inizio la sua voce è bassa, poi sempre più alta fino a urlare; canta tutte le canzoni, tutti i poemi d’amore che riesce a ricordare, i suoi stessi versi, le ballate d’amore dei contadini, gli inni di battaglia della gente comune; canta qualsiasi cosa che la sua mente ricordi; e così vince i suoi torturatori”, continua a scrivere Neruda che, insieme ad altri intellettuali, tra cui Sartre, Picasso, Tristan Tzara e Robeson istituirà una commissione internazionale per liberarlo. Ci riusciranno ma il fisico del poeta ritornerà alla vita sociale, minato e debole, non così la sua mente che concepirà ancora capolavori di rara bellezza, non così il suo impegno che arriverà anche a denunciare la corruzione degli ideali comunisti. Dopo tanto girovagare, nel 1959 chiederà asilo politico alla Polonia, divenendo cittadino naturalizzato polacco e si volgerà verso nuovi lidi, ancora sconosciuti all’Uomo, nel 1963, dopo aver scritto 9 libri di poesie, tradotti in seguito in 50 lingue, e dopo aver rivoluzionato la moderna poetica, con versi liberi e anticonvenzionali. Uomo e artista indesiderato, come d’altronde sono spesso gli uomini di verità e giustizia, Nazim fu sempre persona libera, nonostante la detenzione, forte di quella libertà che sconfigge sbarre e catene, che non conosce né muri né barriere e nessuno riuscì nell’intento di rubargli entusiasmo, amore e meraviglia per l’esistenza, per questo grande dono di esistere. La sua poesia fu alba, luce ad illuminare il cammino, torcia a rischiarare il buio, fu dolcezza in attesa di tramonto. Solo nel 2002, nel centenario della sua nascita, grazie ad una petizione popolare, gli sarà restituita la nazionalità turca che gli era stata tolta, gli sarà restituito il suo ruolo nella sua terra. Troppo tardi, Nazim era già cittadino del mondo, era già cittadino nel cuore di tutti coloro che, attraverso i suoi versi, hanno scoperto territori sconfinati di sentimenti, emozioni, speranza.
LA VITA NON È UNO SCHERZO
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell’al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.