di Antonella Pederiva
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di Antonella Pederiva
Di Antonella Pederiva
“Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto oppure il comunista convinto, ma le persone per le quali non c’è più differenza tra realtà e finzione, tra il vero e il falso”. Sono parole di Hannah Arendt, la teorica della politica, come amava definirsi, prima donna a scrivere un saggio sul totalitarismo, “Le origini del totalitarismo” (1951). È la carenza di pensiero politico, la carenza di teoria politica, secondo la Arendt, a favorire i totalitarismi del Novecento, in particolare nazismo e stalinismo. Hannah Arendt è una libera pensatrice, costretta ad abbandonare la Germania perché ebrea, un’apolide per necessità che troverà casa negli Stati Uniti nel 1941. Arendt individua in antisemitismo, imperialismo e ideologia, le tre cause del totalitarismo. L’ideologia in particolare, che non tollera dubbi e dissensi, che parte da sé stessa per deformare la realtà, per trascinare le masse, che attraverso il controllo dei mezzi di stampa arriva alla manipolazione dell’informazione, che porta, a sua volta, ad addomesticare e a creare sudditi fedeli, i sudditi convinti, appunto, di inizio articolo. Hannah Arendt scriverà anche altro, “Vita activa. La condizione umana”, del 1958, e, soprattutto, “La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme”, del 1963 ma non cesserà mai di ribadire l’importanza del pensiero critico, mezzo necessario per opporsi ad ogni tentativo di strumentalizzazione e prevaricazione, condizione indispensabile per dare protezione al nostro essere liberi.
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